Taurus (Tau). Il Toro. la seconda costellazione zodiacale, facile a localizzarsi poiché si trova sotto Perseo e Auriga. L’immagine, una delle più antiche, raffigura la parte anteriore di un toro il cui occhio australe è rappresentato dalla stella più brillante della costellazione, Aldebaran, e le cui corna sono le stelle zeta e beta Tauri. Quest’ultima corrisponde alla stella posta nella caviglia dell’Auriga. Il Toro contiene due celebri raggruppamenti di stelle: le Pleiadi e le Iadi. Nella mitologia greca il toro è l’animale che condusse Europa in salvo attraverso il mare, fino a Creta.
Questa costellazione si compone, secondo Tolemeo, di 32 stelle: 1 di prima grandezza, 6 di terza, 11 di quarta, 13 di quinta, 1 di sesta e di 11 informi, delle quali 1 è di quarta e 10 di quinta grandezza. E’ disegnato in cielo come la parte anteriore di un toro tagliato all’altezza dell’ombelico e con la testa china in atto di colpire con le corna. I Babilonesi vi vedevano un toro celeste (GUD.AN.NA) e la sua stella principale, Aldebaran, era la mascella del toro. Il nome arabo, al-thaur, traduce il greco tauros ed è quindi nome scientifico, non esistendo, presso gli Arabi preislamici, una denominazione della costellazione.
Fl. |
Bayer |
Nome |
m. |
BV |
Colore |
Natura |
Note |
87 |
α |
Aldebaran |
0,85 |
1,54 |
rosso arancio |
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«La stella brillante e rossastra, nell’occhio australe». È la tredicesima stella più brillante del cielo, la più luminosa tra le Iadi, le stelle nel muso del Toro, dalle quali si differenzia per colore e per natura. È chiamata da Tolemeo lampadìas, fiaccola, dagli Arabi al-dabarân, ovvero «[la stella] che segue [le Pleiadi]», poiché sorge dopo di esse. Dicevano che al-dabarân, inseguiva sia le Pleiadi, sia le Iadi per averle in matrimonio. Al-dabarân, dice al-Bîrûnî, è chiamato fanîq, il cammello maschio adulto, ed intorno vi è un certo numero di giovani cammelle, ma per i Khoikhoi al-dabarân è il marito e le Iadi il suo mantello. Ha una debole compagna rosso arancio, di undicesima magnitudine, visibile solo con piccoli telescopi.
Sûfî riferisce che da al-dabarân si traggono cattivi auspici, poiché si dice di un uomo che è peggiore di «quella che segue le stelle» e si dice che non piove al naw’ (il primo tramonto eliaco mattutino) di al-dabarân senza che l’anno sia sterile. Giudizi simili si ritorvano nella letteratura astrologica dell’Occidente: Cristoforo Pezel scrive che quando la stella è unita al significatore dell’animo fa l’uomo inquieto, impetuoso, sedizioso; se è con il Sole, soprattutto nel sesto luogo cadente, dà palpitazioni al cuore. E’ assai potente, ma non nel beneficare (Cardano); al sorgere e con la Luna : fa il buon compagno, irrequieto, turbolento (Cardano); con Saturno produce generalmente danni e turpi difetti morali (Cardano); pericolo di annegamento o caduta (Stade); con il Sole palpitazioni al cuore (Cardano); col signore dell’animo animo militare, animosità (Argoli) ; inquietudine (Pezelius); con i luminari e negli angoli : dignità (Argoli); con Marte pericolo di naufragio (Stade). Vedi Anon. 379.
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112 |
β |
Alnath |
1,65 |
-0,13 |
bianco blu |
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Al-nath, da nataha, incornare, combattere a colpi di corna. È la ventisettesima stella più brillante del cielo. Nell’Almagesto figura come «la stella sulla punta del corno boreale che è la stessa che si trova nel piede destro dell’Auriga, che corrisponde al corno [del Toro]». Osservando l’immagine dell’Auriga si troverà Alnath nel piede sinistro, e non nel destro come indica Tolemeo. |
25 |
η |
Alcyone |
2,87 |
-0,09 |
bianco azzurro |
  |
E’ la più brillante nel gruppo delle Pleiadi. Poiché occupa una posizione centrale nell’ammasso, le sue coordinate possono essere prese come rappresentative dell’intero gruppo. Le sette stelle più luminose dell’ammasso portano i nomi delle sette figlie di Atlante e di Pleione: Alcyone, Merope, Maya, Electra, Taygete, Sterope e Celaeno. Il mito racconta che Merope fu la sola a sposare un mortale e per questo è meno luminosa delle altre |
123 |
ζ |
- |
3,00 |
-0,19 |
bianco blu |
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La punta del corno australe. |
78 |
θ2 |
(Hyades) |
3,42 |
0,18 |
bianco |
  |
Le Iadi. θ2 è la più brillante di un gruppo di stelle disposte a V presso il muso del Toro (γ, δ, ε, θ1, θ2 Tauri), nel quale Aldebaran rappresenta il vertice sinistro, presso l’occhio del toro. Le Iadi erano le sette ninfe nutrici di Dioniso. Tolemeo ne recensisce cinque: quella nella narice (gamma); quella tra questa e l’occhio boreale (delta); quella tra questa [nella narice] e l’occhio australe (theta); la stella brillante delle Iadi, quella rossa nell’occhio australe (alpha); la rimanente, nell’occhio boreale (epsilon).
Tutte le stelle delle Iadi, ad eccezione di Aldebaran, sono ritenute portatrici di pioggia e rientrano nel catalogo delle stelle che suscitano passioni.
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35 |
λ |
- |
3,47 |
-0,12 |
bianco blu |
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- |
- |
- |
Pleiades |
1,20 |
- |
- |
  |
Le Pleiadi. Questo celebre ammasso di stelle, ben visibile ad occhio nudo, ha una forma che ricorda quella del Carro dell’Orsa Maggiore. L’ammasso appare all’occhio nudo come un piccolo gruppo di 6 o 7 stelle tra la terza e la quinta magnitudine, ma in realtà ne comprende alcune migliaia. In condizioni atmosferiche particolarmente buone un osservatore dotato di vista eccellente potrebbe contarne 14 o 15. Tolemeo ne descrive solo tre indicando il limite nord del lato avanzato (Taygete), il limite sud del lato avanzato (Merope), e il limite più arretrato e più stretto delle Pleiadi (Atlas).
L’osservazione delle Pleiadi ebbe grande importanza nell’antichità. Il loro sorgere e tramontare è ritenuto dannoso e sono considerate stelle che portano terremoti e tempeste. Poiché la loro osservazione impegna l’occhio, le Pleiadi figurano nell’elenco delle stelle nocive alla vista. Al sorgere: chi nasce non ha bisogno di nulla, possiede molti beni (Liber Hermetis); al sorgere con la Luna un condottiero, muore di morte violenta (Cardano) ; un difetto agli occhi (Argoli); al sorgere con i luminari dignità, comandi se vi è testimonianza di pianeti benefici (Argoli), ma anche violenza e ferocia (Stade); con Marte e la Luna: castrazione (Liber Hermetis); col signore dell’animo lascivi, ambiziosi, corrono dietro agli uomini (Argoli); con Mercurio se concorre testimonianza di un malefico, perturba l’intelletto (Argoli).
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«Delle stelle che sono che sono nell’immagine del Toro, quelle che si trovano lungo la linea di cesura hanno complessione simile a quella della stella di Venere e un poco a quella di Saturno; le stelle che sono nelle Pleiadi si accordano a quella della luna e della stella di Marte; delle stelle che sono nel capo, il più brillante delle Iadi e fulvo di colore, chiamato Lampadias, conviene alla complessione della stella di Marte; le altre a quella di Saturno e un poco a quella di Mercurio; quelle, infine, che sono ai vertici delle corna alla complessione della stella di Marte convengono». (Tetrabiblos I, 9)
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Posizione |
Stelle |
Natura |
nella cesura |
5, 4, ξ
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  |
l’occhio australe |
α |
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le altre nel capo (Iadi) |
γ, δ, θ, ε, 97, υ, κ |
  |
i vertici delle corna |
β, ζ, 104, 106 |
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le Pleiadi |
η, 19, 23, 27, M45 |
  |
le altre nelle corna |
τ |
(Car) |
il quadrilatero nel collo |
ψ, χ, φ |
(Car) |
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44 |
 (Car) |
nel collo |
37, ω |
 (Car) |
nel petto |
λ |
(Giu, Sta) |
nella spalla destra |
30 |
(Giu) |
nel ginocchio destro |
μ |
(Giu) |
nel garretto destro |
ν |
(Giu) |
nel ginocchio sinistro |
90 |
(Giu) |
nel garretto sinistro |
88 |
(Giu) |
extra formam |
ι, 126 |
(Car, Giu) |
|
10, 109, 114, 129, 121, 125, 132, 136 |
(Giu) |

Denominazioni
della costellazione
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Denominazioni
del segno immateriale
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impudicum
semine carens
semiperfectum
semisonans
servile
molliens
furiosum
membrorum amputatum
paucos generans
semine genitali indigens
membris redundans
quadrupes
terrestre
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immutabile
terreum
vernale
foemininum
nocturnum
osseum
curvum
imperans
solidum
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Le Pleiadi e le Iadi
Le Pleiadi sono chiamate in Babilonia MUL.MUL, che si può tradurre «la costellazione della costellazione», quindi la costellazione per eccellenza, o la stella, denominazione che ritroviamo presso gli Arabi, ove al-najm, riferito alle Pleiadi, vuol significare «la stella per eccellenza». Sono dette anche «la capigliatura» sul collo del Toro. Sono connesse direttamente a GUD.AN.NA, il toro celeste, di cui faceva parte IS.LI.E, la mascella del bue, composta da Aldebaran e dalle Iadi, soprannominata «tiara di Anu». Il termine greco deriva o da plein, navigare, perché al loro sorgere e al loro tramontare indicavano l’inizio e la fine della navigazione, o dalla radice indoeuropea *pl- (cfr. il latino plenus), in quanto sono molte e le une serrate alle altre. Così ha inteso Cecco d’Ascoli: «Le Pleiadi sono così dette perché sono molte (pleiades dicitur a pluralitate) e sono nel decimo grado del Toro, al cui sorgere fu edificata la città di Bologna. E, a mio giudizio, anche quella di Siena». Lo scoliasta di Omero e quello di Arato ricordano il nome popolare Bòtrys, grappolo, presente anche in al-Bîrûnî: «Sono sei stelle vicine, simili ad un grappolo d’uva». Questa idea di piccolo ammasso, fu accolta anche dagli Arabi, con il nome di al-thurayyâ, che è diminutivo di tharwa, «pienezza». Anche gli scrittori latini vedono nel gruppo delle Pleiadi un ammasso: Manilio le chiama glomeramen e il termine Vergiliae non significherebbe che sorgono dopo la primavera, ma originerebbe da una radice indoeuropea *wergh-, «intrecciare» e significherebbe, non diversamente dal nome indiano Krttikah, «le stelle che appartengono ad un intreccio».

Le Pleiadi, scrive Arato, «benché piccole e senza vivo splendore, si volgono intorno, sia di primo mattino che sul calar della notte, tanto famose e note da aver persino ciascuna il suo nome; ma Zeus ne è la causa, che ad esse commise di dare il segno del cominciare dell’estate e dell’inverno e dell’appressarsi del tempo dell’aratura». Le Pleiadi, infatti, dividevano l’anno in due parti uguali: al loro sorgere eliaco mattutino, verso la metà di maggio, segnavano l’inizio del raccolto e al loro tramonto eliaco mattutino, alla metà di novembre, l’inizio della coltivazione dei campi.
Al-Bîrûnî riferisce un’altra derivazione del nome arabo al-thurayya: alcuni dicono che il nome proviene dall’osservazione che al loro naw’ cade pioggia che produce abbondanza, tharwa. Si tratta qui delle piogge autunnali che cadevano al primo tramonto mattutino delle Pleiadi, in accordo all’uso degli Arabi preislamici di far iniziare l’anno in autunno. Al-Shahrastânî riferisce che le Pleiadi, unitamente a Spica e ai due Gemelli, erano invocate come divinità della pioggia dagli Arabi preislamici e idoli erano collocati nella ka’ba al fine di compiere le preghiere per invocare la pioggia. Se pioveva al tramonto eliaco mattutino delle Pleiadi era quindi segno di buon auspicio. Racconta Ibn al-Bannâ’ che nel cosiddetto anno delle ceneri, il 639 d.C., quando la terra disseccata aveva preso un aspetto cinereo, e la mortalità era grande:
«sotto il califfato di ’Umar ibn al Khattâb, Dio l’accolga, i compagni del profeta ebbero paura e chiesero a ’Umar di poter recitare la preghiera canonica per la pioggia (istisqâ’). Ma il califfo chiese: «Quanti giorni mancano al naw’ delle Pleiadi?» Gli risposero: «Un tanto» - «Ebbene, quando il momento sarà venuto, avvisatemi». Ed essi fecero così. Allora ’Abbâs ibn ’Abd al-Mutâlib, Dio l’accolga, recitò la preghiera dell’istisqâ’ e i Musulmani furono esauditi».
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I Beduini invero dividevano l’anno in base al tramonto vespertino delle Pleiadi e al loro sorgere mattutino, divisione che ritroviamo in Ippocrate. Il periodo di invisibilità delle Pleiadi, stimato, al pari di Esiodo, in 40 giorni, era particolarmente notato e ritenuto infausto. Scrive al-Suyûtî:
«Una volta all’anno, nel mese di aprile, la prima falce della Luna si unisce alle Pleiadi. Pochi giorni dopo, le Pleiadi scompaiono alla vista, coperte dalla luce del Sole, per circa quaranta giorni. Se la congiunzione della Luna con le Pleiadi è considerata un segno di buon auspicio, i quaranta giorni durante i quali scompaiono sotto i raggi del Sole sono, secondo gli Arabi, i peggiori e più insalubri di tutto l’anno, allo stesso modo il sorgere e il tramontare delle Pleiadi sono connessi comunemente alle malattie nella medicina tradizionale araba».
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Al-Asadî dice che mai sorge o si corica senza portare un qualche danno. Ed un medico dice: «Se mi garantiscono il tempo che intercorre tra la scomparsa e l’apparizione delle Pleiadi, ti garantirò tutto il resto dell’anno». Questo asterismo è tra i più facili a identificare nel cielo e i pronostici ad esso relativi erano noti a tutti, come mostra Plinio narrandoci un fatto curioso:
«Alle Pleiadi badano anche i venditori di tessuti. Pertanto, dal suo tramonto traggono auspici per l’inverno costoro, che si preoccupano di stare in agguato, con l’avidità propria dei commercianti. Un tramonto con cielo coperto preannuncia un inverno piovoso: ed ecco che subito alzano i prezzi dei mantelli; un tramonto sereno lo fa prevedere rigido, ed immediatamente rincarano gli altri abiti. Ma il nostro contadino, che non si intende di astronomia, troverà questo segno tra i cespugli e osservando la sua terra: vedrà le foglie cadute. Si potrà giudicare la temperatura dalle foglie, in alcuni posti più tardiva, in altri più precoce».
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In Cina, uno dei nomi delle Pleiadi (Mao) è Mao-t’-ou, la Lancia a coda di vacca, lancia che segnalava il luogo dell’esecuzione dei criminali e questo asterismo presiede alle esecuzioni, alle spedizioni militari, alla morte. Si chiama inoltre T’ien-yó, la Prigione celeste: quando la sua stella più brillante, Alcione, è chiara, i processi militari e civili giungeranno a termine e l’impero sarà in pace; ma se anche le altre sei stelle sono chiare, è presagio di morte per i ministri dell’impero e di sollevazione delle truppe di frontiera. Se è chiaro e tremolante presagisce un’invasione di guerrieri barbari. Un altro suo nome è Ta-liang, la grande diga per la sua connessione con le inondazioni quando tutte le sue stelle brillano di uguale intensità.
Sotto l’influsso delle Pleiadi nascono i seguaci di Bacco e di Venere, chi nasce al loro sorgere vive una vita di lussurie e di voluttà. Poiché le Pleiadi sono tra le stelle che causano affezioni agli occhi e cecità, si raccomanda di non curare gli occhi quando la Luna si unisce ad esse.
Le Pleiadi sono considerate concausa di terremoti e tempeste.
Gli Arabi preislamici chiamavano gallinelle le Pleiadi e un simile appellativo è anche nella nostra lingua. Dicevano che la brillante del Toro, al-dabarân, inseguiva sia le Pleiadi, sia le Iadi per averle in matrimonio. Al-dabarân, dice al-Bîrûnî, è chiamato fanîq, il cammello maschio adulto, ed intorno vi è un certo numero di giovani cammelle, ma per i Khoikhoi al-dabarân è il marito e le Iadi il suo mantello.

Alcuni fecero derivare il nome delle Iadi dalla lettera greca Y, la cui forma antica è V, etimo che non merita alcuna considerazione: possiamo altresì dire che sono a forma di lambda o della lettera araba dal. Altri fanno derivare il nome da hyein, piovere, giacchè al loro sorgere e al loro tramonto, suscitano tempeste, uragani, piogge. Sono infatti universalmente ritenute stelle portatrici di pioggia, e le loro apparizioni sono temute dai marinai e dai contadini. La piovosità delle Iadi è attestata anche in Cina, dove sono dette T’ien-k’eou, le bocche del cielo, a causa, dice G. Schlegel, delle piogge autunnali che cadono al loro tramonto eliaco mattutino. Il dio della pioggia, Yü Shih è associato a questa costellazione.
Il nome latino delle Iadi è suculae, porcelline, diminutivo di sus. Se Plinio e Cicerone ritengono errato l’etimo Hyades da hys, scrofa, testimoniano tuttavia che i loro contemporanei chiamavano le Iadi suculae, porcelline. E’ questa l’opinione di W.Gundel, di Boll, di Webb, di Scherer.
Delle molte favole sulle Iadi, che le vogliono figlie di Oceano o di Atlante, sorelle delle Pleiadi e di Hyas, di cui piangono eternamente la morte, riteniamo quella fondata sull’autorità di Ferecide, che le vuole sette ninfe di Dodone e nutrici di Dioniso (Hyes, Hyas). Hyes è Dioniso, Bacco, Libero e le stesse baccanti sono dette Iadi a causa dell’appellativo del dio, sicché questo asterismo, che richiama le burrasche e le tempeste del cielo, è identico in terra ai furori bacchici. Un altro nome di Bacco è Niseo, che gli proviene dall’essere allevato dalle ninfe di Nisa, mitica località e residenza favorita del dio, che sta a designare ogni luogo umido e verdeggiante, acquoso. Ora, le ninfe di Nisa sono le piovose Iadi ed è allora interessante notare come nella parola latina suculae vi sia l’idea del succus, dell’umidità, come dice Servio: «Il nome latino di succulae viene da succus». Non si tratta di una paretimologia, ma di un’accezione più ampia del termine, che ebbe successo nel Medioevo. Scrive Isidoro di Siviglia che le Iadi sono così chiamate da hyein, ovvero dal succo e dalla pioggia. Bacco, il dio che trae la forza della sua crescita nell’elemento umido, ricorda il Liber latino, la cui festa, Liberalia, si celebrava il 17 marzo, qualche giorno dopo l’equinozio primaverile. Liber era il dio che presiedeva alla fertilità dei campi e la sua festa veniva celebrata per invocarne la protezione dei raccolti futuri ed egli proteggeva altresì la crescita degli uomini e lo sviluppo della vita umana. Il significato proprio del nome di Liber, spiega Benveniste, è «quello della germinazione, colui che garantisce la nascita e le messi», significato non dissimile a quello di Cerere. A Roma i suini sono esclusivamenre sacrificati a divinità della fecondità della terra (Tellus, Maia, Ceres); in particolare, vittima tipica di Cerere è la scrofa, che è animale fecondissimo e, in quanto simbolo dell’abbondanza e della fertilità agraria non è seconda alla vacca, è divinità lunare. Vi è pertanto chi ritiene che l’appellativo suculae/succulae provenga dalla rassomiglianza dell’asterismo con la mascella del maiale. Le Iadi designano pertanto l’elemento umido che interviene al risveglio primaverile e vivifica la natura. Pertanto, se gli Arabi vedono nella brillante dell’occhio del Toro (al-dabarân) e nelle Iadi il cammello maschio e le piccole cammelle, i Latini vi videro una scrofa con le sue porcelline; questo gruppo venne anche chiamato sidus palilicium, poiché le feste palilia (dedicate a Pales, la dea che presiedeva alla pastorizia) cadevano il 21 aprile, quando le Iadi avevano il loro tramonto eliaco vespertino.
In Cina queste stelle hanno nome Py, che significa una piccola rete con un lungo manico di cui ci si serve nella caccia. Non si tratta solo della caccia per eliminare gli animali selvatici nocivi, ma per esercitare il popolo alle armi, poiché l’asterismo Py presiede alle truppe di frontiera, il cui compito era di reprimere i sudditi insolenti. Quando pertanto le sue stelle tremolano e paiono agitarsi, si agitano le truppe che sono stanziate nelle fortezze di frontiera. Ci si attenderà traditori, disertori, rivolte nelle prigioni. Manilio dice che chi nasce al suo sorgere non ama la quiete e l’inazione, ma ricerca la folla, la calca, i disordini civili: la sedizione e il tumulto lo rallegra. Ma quando tramontano, osservata da un pianeta maligno, decretano una morte rapida e inaspettata fra i tumulti.
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