Glossario dei termini tecnici
in Paolo di Alessandria
home
a cura di Giuseppe Bezza
agathos daimôn, bonus genius, è il nome dell’undicesimo luogo, che succede al culmine (epanaphora tou mesouranêmatos) e pertanto il participio agathodaimonôn indica di norma la posizione di un pianeta in quel luogo e, per estensione, talora lo si ritrova nell’accezione di “essere volto al bene”, come appare nel cap. 35 di Olimpiodoro.Nel cap. 25, una glossa nel Laurentianus gr. 28,7 avverte che gli agathodaimonounta zôdia sono il nono e l’undicesimo luogo.

agathunô, bene facio, volgere al bene, con senso transitivo, ma più spesso usato al passivo in senso intransitivo. Il verbo esprime una condizione accidentale dell’astro che, per il suo ciclo sinodico, per la sua posizione nella rotazione diurna, per le testimonianze che riceve dagli altri astri è volto a produrre un bene, qualunque sia la sua natura essenziale. Ha come sinonimo agathoô, suoi contrari sono kakoô e kakizô. Il verbo non è usato da Paolo, ma dallo scoliaste ed è frequente nella letteratura astrologica bizantina, unitamente al sostantivo agathosynê, bonitas, che ha come contrario kakosynê, pravitas. Kakoô e il suo sinonimo blaptô, noceo (non impiegato da Paolo), sono i verbi che designano l’afflizione degli astri. Hanno nondimeno un diverso valore espressivo: blaptomenos è l’astro damnum accipiens, kekakômenos è l’astro oppresso, compromesso, paralizzato e la kakôsis, vexatio, è termine tecnico del lessico astrologico che esprime codesta condizione di paralisi, vuoi di incapacità ad agire: «Kakôsis è quando un qualche astro riceve aktinobolia (v.) da parte degli astri malefici o è circondato (emperiechêtai) o è in applicazione ad uno di loro o giunge alla loro glutinatio (kollêsis, v.) o è signoreggiato da un astro malefico che si trova in luoghi non operosi (achrêmatistoi topoi). Luoghi non operosi sono il sesto dall’oroscopo, il terzo, il secondo, l’ottavo, il dodicesimo» (Antioco, CCAG VIII/3, pag. 106).

hairesis, factio, conditio, secta, cfr. cap. 6; v. chairô.
hairetikos, conditionalis; phôs hairetikos, luminare conditionale, è detto il Sole nel giorno e la Luna nella notte: cfr. cap. 32, 33. Ciascun luminare è detto inoltre hairesiarchês, capo di fazione, cfr. capp. 24, 34.
hairetês, factiosus, designa il pianeta che risponde alla propria fazione, secta. Questo termine non è in Paolo, ma nel commentatore (cfr. cap. 35), che si serve anche del termine synairetês a indicare il compagno di fazione.
akronyktos, che sorge sul far della notte, akra tês nyktos, cfr. cap. 14; in Olimpiodoro si trova il termine equivalente  akronychos.
aktinobolia, radiatio, emissio radiorum. Paolo ne parla nel cap. 35, ove essa appare prodursi mediante il raggio sinistro (euônymos) degli astri. Essa è così definita dallo Pseudo-Porfirio: «L’astro che precede irraggia (aktinobolei) l’astro che segue mediante figura (kata schêma): ad esempio l’astro che è in Ariete irraggia quello sito in Capricorno mediante quadratura e quello in Sagittario mediante trigono. Quanto all’astro che segue, dirigendosi verso il primo, lo osserva e lo sovrasta (ephora men kai kathyperterei), come già detto, ma non irraggia (ouk aktinobolei de). Infatti, la facoltà del vedere di ogni luce si porta in avanti, il raggio a ritroso (pasês gar aughês hê men opsis eis to emprosthen pheretai, hê de aktis eis toupisô)», Porphyrii Introductio in Ptolemaei Tetrabiblum, CCAG V/4 pag. 202, cap. 24.
aktis, radius, in quanto termine tecnico, è contrapposto a opsis, che è la videndi actio dell’astro: «Ogni astro che segue nei lati sinistri lancia un raggio all’astro che precede nei lati destri, come ad es. l’astro in Ariete rispetto all’astro che è in Capricorno mediante quadrato destro e similmente all’astro in Sagittario mediante trigono destro. Ora, l’astro che precede vede da lungi (ephora) l’astro che segue ed esercita sovreminenza (kathyperterei) muovendosi verso di lui, ma non lancia raggio (ouk aktinobolei). Infatti, della luce (aughê) di ogni astro, la vista (opsis) si porta in avanti, il raggio (aktis) all’indietro» (Hephaestio I, 16; cfr. Antioco CCAG VIII/3 pag. 114,28; Porph. Introductio in Tetrabiblum Ptolemaei, CCAG V/4 202). Sulla contrapposizione aktis - opsis cfr. A. Bouché-Leclerq, L’astrologie grecque, Paris 1899, 247ss.; Cl. Saumaise, De annis climactericis et antiqua astrologia diatribae, Lugduni Batavorum 1648, pagg. 402ss.; G. Bezza, Commento alla Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, Milano 1992, pagg. 266-269.
anabainô, ascendo, v. anaphora.
anabibazôn, ascendens, v. syndesmos.
anatellô, exorior, v. anaphora. Questo verbo è usato da Paolo come sinonimo di anabainô e anapheromai riguardo all’ascendere dei segni: il Leone anatellei in 35 tempi (cap. 30, così come lo Scorpione, cap. 34) e il grado oroscopante (capp. 33, 37), ma è il solo verbo che designa il sorgere degli astri (cap. 15).

anatolê, ortus. Nel cap. 7 il termine designa la direzione del quadrante compreso tra il culmine e l’oroscopo: pros anatolên, nel cap. 17 anatolê è il nome di una delle fasi della Luna, segnatamente quand’essa appare dopo l’unione (synodos) con il Sole, nel cap. 24 denota il luogo del sorgere dei segni dello zodiaco e degli astri, opposto a dysis. Altrove il termine designa sempre la fase dei pianeti ( heôa, hesperia) rispetto al Sole. Invero, nonostante la rigorosa definizione di Gemino (XIII, 2-3; Aujac pag. 68), che distingue tra anatolê in quanto sorgere diurno degli astri ed epitolê in quanto levata degli astri con il Sole, vera od apparente (cfr. D. Petavius, Uranologion..., Lutetiae Parisorum 1630, I, 1; pagg. 2ss.), anatolê ed epitolê sono spesso stati usati come sinonimi, si veda ad es. Tolemeo, alm. VIII, 4, Aristotele, meteor. 361b23: l’anatolê di Orione, hist.an. 599b11: l’anatolê delle Pleiadi, hist.an. 602a26: l’epitolê di Sirio. Al contrario, Olimpiodoro, nel cap. 10 (commento al cap. 14 di Paolo) parla di epitolê e krypsis degli astri. Tuttavia, nell’uso astrologico, anatolê è il termine di gran lunga impiegato per descrivere entrambi i fenomeni (cfr. Bezza, Commento... pagg. 124-125), si veda Trasillo: «Duplice è negli astri il sorgere e il tramontare (to anatellein kai dynein), l’uno rispetto al mondo, l’altro rispetto al Sole» (CCAG VIII/3 pag. 100,10).

anatolikos, orientalis. Salvo in un passo (cap. 7), ove designa il quadrante compreso tra l’oroscopo e il culmine, il termine anatolikos sta sempre a indicare, in Paolo, l’astro che, avendo compiuto la propria apparizione, mattutina o vespertina, non è più occultato dalla luce del Sole. A sua volta, il termine dytikos, oltre a indicare (capp. 2, 24) l’angolo del tramonto (to dytikon kentron), designa l’astro che è occultato dalla luce del Sole (cap. 14, scolio 22, Olimpiodoro cap. 9). Vi è quindi in Paolo un uso restrittivo del termine anatolikos, poiché designa non già semplicemente il sorgere di un astro dalla luce del Sole, ma la sua condizione di visibilità. E’ quindi un termine che appartiene, in senso tecnico, alla teoria epiciclica. Il termine anatolikos sostituisce inoltre talora il termine tecnico exaugos, che non è presente né in Paolo, né in Olimpiodoro, e che si applica all’astro che, non distando molto dal Sole, ha già compiuto apparenza. L’orientalità e l’occidentalità epiciclica di un astro sono designate da Paolo con i termini heôos anatolikos, orientalis mtatutinus, e hesperios anatolikos, orientalis vespertinus (cfr. cap. 15 sulle stazioni di Marte).

anaphora, ascensio, esprime la quantità di ascensione di un segno zodiacale stimato in gradi equatoriali. Nel cap. 2 Paolo dichiara le ascensioni dei dodici segni per il terzo klima (v.), quello di Alessandria, sia in ore, sia in gradi. E per esprimere il loro salire si serve del verbo anapheromai (una volta) e soprattutto anabainô, ascendo (undici volte), ma v. anatellô, exorior. I tempi ascensionali (anaphorikoi chronoi, termine non usato da Paolo, ma da Olimpiodoro, cap. 28) di cui Paolo si serve sono quelli di Ipsicle e degli “Egizi”, nonostante Paolo, nel proemio, li giudichi errati. Per contro, il commentatore mostra di servirsi dei tempi ascensionali di Tolemeo (cap. 28). In Olimpiodoro, il termine è talora sinonimo di epanaphora nella prima accezione (cap. 7, comm. a Paolo cap. 11, capp. 22, 26).

anemos, ventus. Ogni segno ha una familiarità con uno dei quattro venti che soffiano dai punti cardinali (cap. 2); è questa una dottrina assai diffusa (cfr. ad es. Tolemeo, quadr. I, 11; I, 19; II, 3; II, 11), che proviene dall'antico costume di designare le direzioni dello spazio con i nomi dei venti (cfr. K. Nielsen, Remarques sur les noms grecs et latins des vents et des régions du ciel, Classica et Mediaevalia, n.7, 1945, pagg. 1-113). In generale, nelle tavole delle stelle fisse, anemos indica la latitudine della stella rispetto al circolo mediano dei segni, cfr. CCAG V/1 pag. 198,8-9: «Quale larghezza ha, ovvero quale vento (kai poion platos etoi anemon epechei)». Nel cap. 17 Paolo si serve dell'espressione kata tên tou anemou phoran, per venti lationem, per indicare il moto in latitudine della Luna e degli astri erranti. Questa stessa espressione, in forma più concisa, ricorre in molti astrologi: kata ton anemon, che Firmico traduce per ventum (IV, 1, 10). Nella sua interpretazione al capitolo sulla durata della vita del quadripartito tolemaico (dove peraltro l'espressione è assente), Efestione spiega questa espressione, laddove elenca le condizioni che non consentono la distruzione della vita: «Quando l'afeta e l'anereta si uniscono per corpo, ma non hanno la medesima larghezza (to auto platos), ovvero quando non si muovono nella medesima direzione (toutesti mê kata ton auton anemon trechôsin)» (Epitoma IV 25; Pingree II, pag. 213,12).

antapokatastasis, restitutio in contrarium, v. apokatastasis.

antighenesis, revolutio annorum nativitatis, il termine è presente nello scoliaste (sch. 92), ma assente sia in Paolo, sia in Olimpiodoro, che si serve della perifrasi hê ghenethliakê hôra tou eniautou ekeinou, tempus natalitium cuiusdam anni, (cap. 29). Più propriamente, Paolo usa l’espressione kairikê parodos (tou hêliou), transitus (solis) ad certum tempus spectans e l’espressione kata parodon significa di norma, nella letteratura genetliaca greca, posizioni o figure degli astri al tempo dell’anniversario. Nella letteratura tardo-greca il termine più comune è antighenesis (cfr. Hephaestio II, 27) e in quella bizantina enallaghê, alternatio, permutatio, che è un calco dall’arabo tahwîl, cfr. Eleuterio Eleo Zebeleno (ms. Angelicus 29, fo. 177v, cap. 149, Palatinus gr. 312, fo. 174r, Marcianus gr. 324, fo. 275v): «Della distinzione dei tempi del nativo. Si deve sapere che dicesi conversione (enallaghê) il momento in cui il Sole giunge al luogo della genitura, nel medesimo grado, minuto e secondo che occupava all’atto della nascita e l’oroscopo di quel momento è l’oroscopo della conversione. La sua determinazione si trova nei trattati manualistici. Se pertanto vuoi sapere gli anni del nativo, assumi il tempo presente e da questo detrai l’anno della nascita e il risultato che ottieni sono gli anni compiuti del nativo a partire dal tempo in cui nacque. In seguito, nei manuali sono usitati gli anni di Alessandro e di Yazdijird re dei Persiani e ritroverai così la conversione dell’anno (enallaghê tou chronou)», cfr. G. Bezza, Il trattato sulle natività di Eleuterio Zebeleno di Elis, MHNH n. 2, 2002, pag. 282.

apodeiknymi, ostendo, v. poieô.

apokatastasis, restitutio in pristinum statum, compare una sola volta in Paolo (cap. 36) ed è connesso agli anni di vita che i pianeti danno quando sono dominatori della natività (oikodespotai). Le apokatastaseis dei pianeti si fondano sui cosiddetti “goal-years texts” babilonesi, attestati nel periodo seleucide e sono ricordate da Antioco (CCAG VII, ppag. 119ss.) e da Retorio (CCAG I, pag. 163), cfr. Tolemeo, alm. IX, 3. Olimpiodoro parla anche di una apokatastasis dei segni dello zodiaco, che si fonda sui loro tempi ascensionali (cap. 38), di cui fece grande uso Vettio Valente. Infine, lo scoliaste parla di una apokatastasis dei pianeti, ovvero quando, al tempo della conversione annua (v. enallaghê) compiono un ritorno. A questa e alla antapokatastasis fa riferimento un testo ascritto a Doroteo sulla epembasis (v.): «Saturno e Marte nei loro ingressi (epembaseis) sul Sole, la Luna, Giove, sia per corpo, sia per quadrato o diametro, si rivelano dannosissimi, a condizione che all’origine fossero mal posti. Lo stesso avviene nelle loro apokatastaseis e antapokatastaseis, ovvero quando giungono al loro luogo radicale della genitura o al luogo a questo opposto» (CCAG II, pag. 196).

apoklima, declivis, v. epanaphora.

aporroia, effluvium. Il termine sta a indicare, in generale, l’influsso stesso degli astri: si tratta di un effluvium incessante, in-fluxus, che gli astri riversano per necessità fisica dalle loro orbite, a cascata, dalla sfera più alta alla più bassa. Per ciò l’effluvium della Luna è il più significativo. Dice Paolo (cap. 21): «Avendo essa accolto le emanazioni (aporroiai) degli astri che sono nelle orbite (zônai) più alte, suscita la crescita e la diminuzione di ogni cosa». Gli astrologi parlano pertanto soprattutto della aporroia della Luna, e della sua synaphê, coniunctio. Paolo descrive i modi della aporroia e della synaphê nel cap. 17. Si deve qui notare che la prima avviene per separazione o allontanamento, la seconda per applicazione o avvicinamento, entrambe per il moto proprio della Luna. Sono quindi rapporti che avvengono per corpo o per figura (kata sôma, kata schêma) ed altresì kata ton anemon, per ventum, (v. anemos) ovvero secondo i successivi mutamenti in declinazione.

apostrophos, aversus. Un segno rispetto ad un altro segno, un astro rispetto ad un altro astro è detto apostrophos quando tra loro non vi è symphônia, consonantia, ovvero vi è assenza di esagono, quadrato, trigono, diametro. Il termine asyndetos, inconiunctus, può essere considerato sinonimo. Cfr. capp. 10-13. Anche alcuni luoghi (topoi, v.) sono detti apostrophoi rispetto ad altri, come ad esempio l’ottavo rispetto al primo (cap. 24). Il termine asymphônos, dissonus, potrebbe essere considerato sinonimo, tuttavia questo termine, che significa, di norma, l’assenza di consonanza, la quale si dà con gli accordi di ottava, di quinta e di quarta, ha una sua propria accezione nel lessico astrologico, v. symphônos.

apotelesma, effectus, eventus. Gli astrologi predicono gli avvenimenti futuri e pertanto compongono trattati cui sovente danno nome di apotelesmatika (cfr. Tolemeo, Efestione, Paolo medesimo, et alii) ed essi stessi sono chiamati, di conseguenza, apotelesmatologoi (cfr. Theol. Arithm., ed. V. de Falco pag. 54) e più comunemente apotelesmatikoi. Ma certo non potrebbero compiere predizioni se non considerassero gli astri apotelestikoi, efficientes seu effectivi, come appare in alcuni passi del quadripartitum di Tolemeo: Giove è produttivo (apotelestikos) di venti fecondi (I, 20; Boll-Boer pag. 44,5), Mercurio di quelli turbinosi e dei tuoni e dei terremoti (II, 9; Boll-Boer pag. 89,22); ancora, la natura efficiente (apotelestikê physis) delle comete è simile alle nature di Marte e Mercurio commiste (II, 10; Boll-Boer pag. 92,8). Paolo non usa il termine apotelestikos, ma esprime più volte questo concetto con il verbo apoteleô, efficio, perficio, sia all’attivo che al passivo. Per quanto attiene all’effetto in sé, apotelesma, esso ha un esito, ekbasis, che può essere propizio o sfavorevole (cap. 10), un suo genere, eidos (cap. 17), una sua efficacia, energheia (cap. 24, 27) e, infine, una sua propria dottrina: ho tôn apotelesmatôn logos (cap. 27). Infine, il termine apotelesmatographia, che è un hapax in Paolo, non deve essere inteso come una mera descriptio effectuum, ma piuttosto come una aestimatio effectuum, siccome appare d’altra parte in altri astrologi, cfr. Introductio Porphyrii (CCAG V/4 pag. 222,16): l’azione dei confini altera l’ apotelesmatographia degli astri; e V. Valens II, 17 (Pingree pag. 73,7): gli esagoni hanno la stessa apotelesmatographia dei trigoni, benché più debole ed oscura. Si noti che spesso gli astrologi fanno uso in senso assoluto del verbo apoteleô e in questi casi esso funge da unico termine dell’apodosi, al modo stesso in cui Tolemeo, nelle Phaseis, impiega la voce verbale episêmainei, significat. Un esempio è nel Parisinus gr. 2424, fo. 87v: hotan schêma<tizê> tô eniausiaiô zôdiô ho kyrios tou etous, tote apotelei kai to schê<matizein> tô mêniaiô zôdiô ho kyrios tou mênos, tote apotelei, «quando il signore dell’anno si configura al segno annuo, allora produce un evento ed ancora il configurarsi del signore del mese al segno mensile produce un evento».

apotelestikos, efficiens, v. apotelesma.

apoteleô, efficio, perficio, v. apotelesma, poieô.

asymphônos, dissonus, v. apostrophos, symphônos.

asyndetos, inconiunctus, v. aspostrophos, di cui è sinonimo. Il termine sembra avere un suo contrario in eusyndetos, bene connexus, presente in Doroteo (apud Hephaestionem III, 21; Pingree I, pag. 274,1), in Retorio (CCAG VIII/4, pag. 119,2), dove i due termini sono posti in contraddizione: ei ta phôta eusyndeta ê asyndeta pros allêlous kai ton hôroskopon tugchanei, «se i luminari sono ben connessi o disgiunti l’un l’altro e rispetto all’oroscopo». Tuttavia, poiché eu, in composizione, esprime la prosperità, il termine eusyndetos non significherebbe la connessione in qualsivoglia modo, ma una connessione felice e concorde. A ciò sembrano convenire i due passi citati, cfr. ancora: ta phôta eusyndeta allêlois, luminaria bene connexa ad invicem, a proposito di un’interrogazione sull’amicizia, in Vaticanus gr. 1056 fo. 239r, apud Ch. Burnett, D. Pingree, The Liber Aristotilis of Hugo of Santalla, London 1997, pag. 207.

aschêmatistos, figura carens, v. schêma.

aughê, lumen, vedi aktis.

aphairetikos, diminutus (numero). I pianeti sono detti aphairetikoi e prosthetikoi (tois arithmois) rispetto sia al loro moto nell’eccentrico, sia nell’epiciclo. Paolo tratta solo del moto dei pianeti nell’epiciclo, che può essere descritto, per quanto è dei superiori, nel modo seguente: quando il pianeta, scendendo dall’apogeo verso il perigeo dell’epiciclo, supera la linea del moto medio, il suo moto nello zodiaco inizia ad essere inferiore al suo moto medio e diminuisce sempre più fino alla sua prima stazione; in seguito, da qui fino alla seconda stazione avrà moto retrogrado, quindi riprenderà il moto diretto, ma inferiore al medio, fino alla linea del moto medio, infine procederà di moto veloce, ovvero superiore al medio. Ma in Paolo nulla permette di distinguere tra pianeti aphairetikoi e anapodizantes o hypopodizantes, retrocedentes.

aphesis, emissio, questo termine e i suoi relativi (aphetês, missor, aphetikos, locus emittendi vim habens) mancano in Paolo, che pur li conosce, come appare dalla sua citazione del libro di Apollinario nel proemio. Mancano altresì nel suo commentatore, ma sono presenti nello scoliaste.

achrêmatistos, inops, v. chrêmatizô, agathynô.
home