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Alcuni studiosi stimano che Antioco sia vissuto tra il 100 a.C. e il 50 d.C.[1] È di questo parere Cumont[2], che propose, come mera ipotesi, anche di identificarlo con Antioco di Ascalona, che studiò e professò ad Atene, dove ottenne la direzione dell’Accademia. In seguito, Boer[3] dichiarò che Epigene, Critodemo e Antioco vissero, tutti e tre, nel corso del I sec. a.C. e i Gundel stimarono questa datazione molto verosimile[4]. Quanto a Neugebauer, non è d’accordo con se stesso e propone, nella medesima opera, due diverse datazioni per Antioco: il I sec. della nostra era e circa il 200 d.C.[5] Cramer[6], e dopo di lui Pingree[7], sono dell’avviso che Antioco sia vissuto nel II secolo della nostra era. Pingree, in particolare, ritiene l’opera di Antioco posteriore alla Tetrabiblos di Tolemeo.
È nondimeno interessante riportare brevemente le cinque argomentazioni della tesi di Cumont[8]: 1) l’impiego dei nomi arcaici dei pianeti (Phainôn, Phaéthôn, Puróeis, Stilbôn, Phosphóros), non più usati nell’epoca imperiale; 2) la posizione di Mercurio prima di Venere, che mostrerebbe una "combinazione caldeo-platonica" e che potrebbe essere l’opera «di un filosofo eclettico del I sec. a.C.»; 3) il ruolo dato al Sole, posto in mezzo ai pianeti, sede dell’hegemonikón, ragione direttrice dell’universo e "principio fisico del mondo". Si tratta, osserva Cumont, di una dottrina "conforme alla teologia solare nata in Babilonia e adottata dalla scienza greca nel corso del I sec. a.C., grazie agli stoici eclettici come Posidonio, e ai neopitagorici"; 4) la presenza della dottrina degli otto luoghi (tópoi), l’octatopos, che sarebbe più antica di quella dei dodici luoghi, dodecatopos; 5) le fonti di Antioco sono soprattutto costituite dagli scritti di Ermete, di Nechepso e Petosiride e di Timeo.
Antioco scrisse due trattati di astrologia, l’Introduzione e il Thesaurus. Entrambi sono persi ma se ne conservano i sommari e numerosi frammenti. Dei 28 capitoli della sua Introduzione elencati nell’Epitome Parigina, 20 sono identici ai capitoli dell’Introduzione di Porfirio. L’altro libro, il Thesaurus, sembra che fosse alla base dei primi 53 capitoli del compendio astrologico di Retorio, e 6 di questi capitoli sono presenti anche nella Introduzione di Porfirio. Sembrerebbe dunque che due terzi del libro di Porfirio e 55 capitoli sui 117 di Retorio provengano da Antioco. Pingree osserva che diversi frammenti di Antioco, in versione araba e sotto il nome di Antîqûs, si ritrovano in al-Sayamarî, al-Qasrânî, e in altri autori arabi; ma questi frammenti non sono ancora stati pubblicati ed è possibile che contengano solo una ripetizione di quanto è già riportato da Porfirio e da Retorio. A giudicare dai frammenti disponibili, Antioco scrisse una completa introduzione all’astrologia nella quale definiva tutti i termini tecnici e trattava dei dodici luoghi, delle sorti, dei tempi ascensionali dei segni, e del concepimento. I frammenti greci di Antioco citano Nechepso e Petosiride, Ermete e Timeo (I sec. d.C.?). Antioco è a sua volta citato da Porfirio, Firmico ed Efestione di Tebe. È quest’ultimo a dirci che Antioco era originario di Atene.
Bibliografia
1. Il Calendario di Antioco (peri asterôn anatellontôn kai dunontôn en tois dôdeka mêsi tou eniautou, degli astri che si levano e che tramontano nei dodici mesi dell’anno) è stato edito da F. Boll (cfr. nota 1).
2. Thêsauroi; ci sono in gran parte noti per gli abbondanti prestiti operati da Porfirio e Retorio. Vedi: Raúl Caballero Sánchez, Hilario Bautista Ruiz, Una paráfrasis inédita de los Tesoros de Antíoco de Atenas: el epítome Iia. Edición crítica, traducción y notas, MHNH, Revista Internacional de Investigación sobre Magia y Astrología Antiguas, n. 6, 2006, pp. 177-242.
3. Eisagôgika; se ne possiede un sommario ragionato ad opera di un erudito bizantino, cfr. Catalogus Codicum Astrologorum Græcorum VIII/3, pp. 111-119.
4. Hosa hoi asteres en tois topois tou thematos tuchonts sêmainousin, Che cosa significano gli astri quando si trovano nei luoghi del tema. Edito in Catalogus Codicum Astrologorum Græcorum I, pp. 108-113. Si tratta di un frammento (si arresta al quinto luogo). Pingree lo ritiene dubbio, poiché scritto in versi. Ma questa non è senz’altro una ragione bastante.
Note
[1] W. Kroll, Nechepso, Real Encyklopädie der klassischen Altertumswissenschaft, XIV, 2 col. 2166; F. Boll, Griechische Kalender. I, Das Kalendarium des Antiochos, Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften, philos.-hist. Klasse, 1910 n. 16, pp. 8-10; F. Cumont, Astrologues romains et byzantins, Mélanges d’archéologie et d’histoire, 1918 n. 37, pp. 38 ss.
[2] F. Cumont, Antiochus d’Athènes et Porphyre, Mélanges Bidez. Annuaire de l’Institut de philologie et d’histoire orientale, 1934 n. 2
[3] Æ. Boer, Astrologia, Kleine Pauly, I, p. 622.
[4] W. H. G. Gundel, Astrologoumena: die astrologische Literatur in der Antike und ihre Geschichte, Wiesbaden 1966, p. 115.
[5] A History of Ancient Mathematical Astronomy, Berlin-Heidelberg-New York, 1975, p. 605, p. 670, n. 15.
[6] F. Cramer, Astrology in Roman Law and Politics, Philadelphia 1954, p. 17; p. 186, n. 309.
[7] D. Pingree, Antiochus and Rhetorius, Classical Philology 1977 n. 72, p. 205.
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