Daniele Ferrero, Patrizia Zivec
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All'inizio del 1956, dopo un gennaio particolarmente mite [1], a partire dagli ultimi giorni del mese un'ondata eccezionale di freddo investì gran parte dell'Europa e tutta l'Italia, coprendola di neve e di gelo. Il fenomeno fu così abbondante ed intenso da essere definito “la nevicata del secolo”. |
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Roma, febbraio 1956: sciatori in piazza San Pietro.
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La “nevicata del secolo” Il 27 gennaio 1956 una potente massa di aria gelida, in quota e al suolo, proveniente dal circolo polare artico, scese verso la Scandinavia raggiungendo in due giorni la Svezia e la Finlandia, mentre l'alta pressione atlantica (A) si spostò dalla penisola iberica fino a nord della Scandinavia. Questo provocò, nei primi giorni di febbraio, una discesa di aria gelida (GELO) che investì i paesi dell'Europa centrale e, aggirando le Alpi lungo i versanti settentrionali, entrò sul Mediterraneo dalla porta del Rodano, causando una depressione (B) sull'Italia (figura 1). Nel nostro Paese, la fase critica interessata dalla fortissima depressione, iniziò il 1° febbraio 1956 ed il giorno seguente si ebbero le seguenti isoterme: -18°C sul lago Maggiore, -15°C nella pianura padana e
L’8 febbraio un nuovo nucleo di aria glaciale proveniente dalla Siberia, attraversò la Finlandia, i Paesi Baltici, l’Europa centrale (dove le temperature erano inferiori ai 15°C, con punte anche di 30°/40° C in Scandinavia e nei paesi dell’Est) per dirigersi verso la Porta della Bora[4], forte di isoterme che a 1500 m. si aggiravano sui 27°C (figura 2). Il 9 febbraio si verificò un minimo depressionario fra la Corsica e la Toscana che provocò ancora intense nevicate a Roma e su tutto il centro-sud. Il 10 febbraio a Trieste si ebbero L’esame delle eclissi e degli altri fenomeni celesti Il grande freddo del febbraio del 1956 non interessò solo l’Europa e le coste occidentali africane poste sul Mediterraneo, ma furono coinvolte dal fenomeno anche le coste orientali dell’America settentrionale e le isole orientali dei Caraibi, con temperature che scesero a 16°C a Puerto Rico, e 11°C a S. Domingo nella Repubblica Dominicana, valori mai registrati nel caldissimo Golfo del Messico. Quando, verificando se vi fossero state eclissi di Sole visibili in Europa precedentemente all’evento, abbiamo individuato quella del 30 giugno 1954, grande è stata la nostra sorpresa nel trovare che l’area interessata da questa eclisse iniziava proprio nella parte orientale dell’America settentrionale e nell’estremità orientale del Golfo del Messico (Puerto Rico e Santo Domingo), coinvolgendo poi l’Oceano Atlantico, l’Europa, l’Africa settentrionale, la Russia e il Vicino Oriente, per poi avere l’ultimo contatto con la terra a sud della Penisola Arabica (figura 3). figura 3 - L'eclisse totale di Sole del 30 giugno 1954 Esaminiamo ora nel dettaglio questa eclisse, alla quale facciamo seguire altre sei figure che riteniamo collegate all'evento. Abbiamo redatto tutti grafici per Roma, separandoli dal testo in sette pagine distinte, alle quali rimandiamo il lettore, prima di proseguire con il riepilogo e le osservazioni conclusive:
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Riepilogo delle figure Riepiloghiamo ora i giudizi sulle singole figure, ponendo attenzione in ognuna alle qualità prevalenti, ai dominatori, agli asterismi e alle nebule presenti, ma soprattutto al rapporto che si instaura tra i pianeti superiori, in particolare tra Saturno e Giove, a partire dall’eclisse del 1954 fino alla sizigia che precede il grande freddo:
Allo scopo di approfondire le condizioni durante la seconda quindicina della lunazione, esaminiamo un'ultima figura, quella del plenilunio del 27 gennaio 1956. Dominano ancora Saturno e Marte, e di nuovo si presenta un conflitto fra le diverse qualità, anche se si può vedere una prevalenza del freddo e dell’umido. Inoltre, per quanto attiene alle fasi tolemaiche delle stelle, Marte si leva con π Scorpii, nella fronte dello Scorpione, apportando un’umidità fredda ed abbondanza di neve d’inverno (Magini), mentre Saturno è con δ Scorpii un'altra stella corruttiva della fronte dello Scorpione. Gli aspetti fra i pianeti sono sostanzialmente gli stessi del novilunio precedente, ad eccezione del quadrato fra Marte e Venere che costituisce un’efficace apertura delle porte e aumenta l’umido. Un’altra apertura delle porte si verifica tra Saturno e i luminari che, per Magini, genera neve, tempo nuvoloso; inoltre anche il trigono tra Saturno e Luna contribuisce a produrre neve e freddo. Ma la caratteristica più saliente di questa figura che la rende particolarmente atta a danneggiare, è rappresentata dal considerevole numero di stelle fisse di natura malefica, saturnia e marziana, che sono coinvolte. In particolare, sorge la nebula della Spada di Orione (M42), che tramontava nel novilunio precedente, mentre il Praesepe (che culminava nell’eclisse) è con la Luna. Quindi, il dominio dei malefici, il sommarsi di aspetti che indicano apertura delle porte, lo stretto rapporto di Saturno con entrambi i luminari, il gran numero di stelle malefiche coinvolte, scatenano in modo efficace gli eventi annunciati dal novilunio precedente. Ricordiamo che la prima perturbazione gelida ha avuto a luogo proprio a partire dalla data di questo plenilunio.
Assai significativo per il verificarsi dell’evento è il rapporto tra questo plenilunio e la figura dell’eclisse parziale di Luna del novembre 1955: troviamo infatti Saturno e Marte della sizigia che si oppongono al luogo critico in cui si è verificata l’eclisse lunare, assediandola (figura 4). Se uniamo con una linea tutti i punti di una cartina geografica corrispondenti al sorgere dei due malefici nel novilunio del 13 gennaio, otteniamo due linee molto interessanti: la congiunzione di Marte e di Saturno all’oroscopo (figura 5) interessa proprio quelle zone dell’Europa che nei primi giorni di febbraio 1956 furono percorse dall’aria gelida, che poi si diresse sull’Africa nord-occidentale. Notiamo, inoltre, che le zone dell’Europa centrale ed occidentale e dell’Africa nord-occidentale, sono quelle in cui si già si era verificata l’anticulminazione di Saturno, signore dell’anno, nella sizigia precedente l’equinozio di primavera del 1955 (figura 6).
Si è stimato, come abbiamo già visto nel dettaglio, che l’eclisse di Sole del 30 giugno 1954 potesse produrre i suoi effetti dal febbraio 1955 fino al giugno-luglio 1957, quindi vi rientra “di diritto” il periodo invernale in esame, che va dal 27 gennaio al 20 febbraio 1956. Secondo Placido «Le eclissi dei luminari, quelle soprattutto che precedono le stagioni, o quelle i cui decreti concernono questa o quella stagione, sogliono portare grandi mutamenti negli elementi». Ci sono due validi motivi per attribuire a quest’eclisse un ruolo determinante nel provocare un maltempo di tale portata: il primo è che nell’esame delle successive figure si nota un’azione calorifica molto debole di Giove, a fronte di un suo continuo coinvolgimento con i malefici che si sussegue con differenti modalità. Se non ci fosse stato l’imprinting di quel Giove eclissato freddissimo, sarebbe stato assai più difficile giustificare le condizioni meteorologiche del febbraio 1956, sebbene sia l'ingresso primaverile, sia la sizigia plenilunica precedente, indirizzassero verso l’instabilità ed il freddo. Il secondo motivo, come abbiamo già visto, risiede nel fatto che l’area colpita dal maltempo, come risulta dalle rilevazioni meteorologiche dell’epoca, coincide esattamente con quella interessata dall’eclisse. Resta da chiedersi perché il maltempo abbia agito con tale veemenza anche in regioni in cui la visibilità dell’eclisse era parziale, tuttavia la risposta è insita nelle premesse meteorologiche di questo studio: tale era la massa di aria gelida presente in quota e al suolo nei paesi d’Europa in cui l’eclisse era totale, e talmente forte la spinta dell’alta pressione verso la Scandinavia, che il gelo ha avuto modo di incanalarsi attraverso le due porte, del Rodano e della Bora, complici anche le forti correnti e i forti venti, fino ad arrivare ancora gelido sulla penisola iberica, sul Mediterraneo e sull’Africa nord-occidentale. Per quanto riguarda l’ingresso in Ariete, sebbene esso sia avvenuto al sorgere di un segno bicorporeo, e quindi teoricamente suscettibile delle condizioni alterative dei successivi ingressi, riteniamo che sia stato molto importante e decisivo nel connotare le condizioni dell’intero anno e quindi anche del successivo inverno, come pure il plenilunio precedente che presentava l’anticulminazione di Saturno. L’ingresso in Capricorno ha poi introdotto l’azione di forti correnti di aria fredda, mentre il novilunio che l’ha preceduto è risultato più idoneo a descrivere le condizioni del mese che inaugurava, piuttosto che quelle di tutta la stagione invernale. Determinante e significativa è stata la sizigia novilunica del 13 gennaio 1956, precedente l’evento, con Saturno che come nell’eclisse ritorna all’oroscopo, ma questa volta con Marte, ed in entrambe le figure è sovrastato dal trigono di Giove. Altrettanto significativa è stata la sizigia plenilunica del 27 gennaio 1956, che approfondisce l’esame della quindicina che ha dato avvio al grande freddo, sia per quanto riguarda la peculiarità della figura in sé, sia per i suoi rapporti stretti con le due eclissi, solare e lunare, che l’hanno preceduta. Un'ultima osservazione: questo lavoro ci ha consentito di riscontrare l’esattezza di una regola dell'arte che possiamo leggere in un autore anonimo dell’anno 466[7]: «È pertanto sempre necessario osservare i transiti temporali del dominatore delle sizigie: con quali figure, in quali luoghi compie le sue fasi (apparenze, occultazioni) e le sue stazioni; osservare inoltre la natura degli astri e su questa base emettere il giudizio futuro». Si è riscontrato infatti che il 2 febbraio, giorno in cui le isoterme hanno iniziato ad attestarsi a valori polari, la Luna, che faceva il suo ingresso in Scorpione, andava a porsi sul luogo di Marte dell’eclisse lunare e di Saturno dell’eclisse solare. |
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Note |
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[1] A Roma si ebbero delle medie minime di 5,3°C, massime di 13,7°C, con estremi il 9 gennaio di -0,9°C e il 18 di 17,4°C. [2] Con effetto stau si intende la condensazione forzata di una massa d’aria grazie all’azione orografica di una montagna (www.dolomitimeteo.com) [3] Le carte della pressione e dei geopotenziali alla quota di 500hpa (ettopascal) sono uno dei parametri più usati dai meteorologi perché permettono di avere una visione della situazione barica e circolatoria sia al suolo che in quota. Il valore espresso in 500 hPa corrisponde ad una temperatura rilevata ad un altezza di circa 5.500 m; se è espresso in 850 hPa corrisponde a una temperatura rilevata a 1.500 m. (www.meteoland.org). [4] La Porta della Bora, o di Postumia, consiste in una depressione della catena alpina nelle Alpi Giulie, tra il Monte Re (Nanos) e il monte Nevoso (Snežnik), in territorio sloveno, attraverso cui la bora, un vento catabatico o di caduta che soffia da Nord-Nord-Est, si incanala ed investe direttamente la città e il Golfo di Trieste, attenuandosi subito dopo. [5] A Roma, che è stata scelta per domificare le varie figure, si verificarono delle nevicate che per intensità e durata rimasero storiche: nevicò il 2, il 9, il 18 e il 19 febbraio; e per ben quattro giorni consecutivi le temperature rimasero sotto lo zero. Il 12 febbraio si registrò una nevicata di ben 12 cm. [7] cfr. Ms. Parisinus gr. 2504, fo. 70r. in "Alcuni testi di astrometeorologia", Phôs n. 14, giugno 2007, pp. 16-18. |
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Bibliografia |
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Testi pubblicati
Traduzioni inedite di Giuseppe Bezza
Internet
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