(1) J.-B. Morin de Villefranche, Astrologia gallica principiis et rationibus propriis stabilita, Hagae Comitis 1656, Libro XV, Cap. 1, 330 a-b.
(2) Ibid., prefazione al Libro XXI.
(3) Morin dedica la sua Astrologia gallica direttamente al "Re dei Re, Cristo Signore", ringraziandolo di non averlo fatto diventare un eretico.
(4) Cfr. Gerolamo Cardano, Commentariorum in Ptolemaeum de Astrorum iudiciis Libri IV, Cap. 16, Opera Omnia, Lugduni 1663, Tomo V, p. 152b. Cfr. le considerazioni analoghe di Placido Titi (CoeIestis Philosophia, Mediolani 1675, Libro II, Cap. 12, p. 217; Tocco di paragone, Nuovi Orizzonti, Milano 1992, pp. 93-94). Su Cardano astrologo v. A. Grafton, Cardano's Cosmos. The Worlds and Works of a Renaissance Astrologer, Harvard University Press, Cambridge 2000.
(5) An signa zodiaci sint eiusdem naturae atque virtutis toto orbe terrarum è il titolo del citato Cap. 1 in cui Morin si occupa dell'argomento.
(6) A illustrare l'efferatezza della conquista e le attitudini proprie dei suoi attori, ecco le riflessioni di due fra i pochi critici bianchi contemporanei delle vicende. Scriveva nella sua Brevísima relación de la destruyción de las Indias (1552) il missionario domenicano spagnolo Bartolomé de Las Casas: "Entravano nei villaggi e non lasciavano né bimbi, né vecchi, né donne incinte o partorienti se non dopo averli sventrati e fatti a pezzi (...). Scommettevano a chi sapesse squarciare un uomo con un sol colpo di coltello, o gli tagliasse la testa con un colpo di picca, o gli mettesse a nudo le viscere. Strappavano i piccoli dal seno delle madri e sbattevano loro la testa sulle rocce. Altri, da sopra le spalle, li scagliavano nei fiumi (...); li infilzavano su una spada insieme alle loro madri (...). Elevavano lunghi patiboli (...) cui attaccavano gruppi di tredici persone, in onore e reverenza del nostro Redentore e dei dodici apostoli; vi appiccavano fuoco e li bruciavano vivi (...) Signori e nobili li uccidevano così: sotto i patiboli alimentavano un fuoco tenue, perché rendessero l'anima lentamente, fra urla atroci (...) Ho visto tutte le cose che ho detto e ben altre, innumerevoli. (...) Non sarebbe conveniente chiamare diavoli questi cristiani e affidare gli indios ai diavoli dell'inferno piuttosto che ai cristiani delle Indie?". E, alcuni anni dopo, il viaggiatore italiano Girolamo Benzoni nell'Historia del Mondo Nuovo (1565): "Vedendo gli Indiani la maniera di vivere loro e le grandissime crudeltà che in ogni luogo commettevano, non solamente non hanno mai voluto confessare che siamo Cristiani (...), ma ancora in modo alcuno non vogliono credere che 'l nostro principio sia che siamo nati sopra la terra (...) e così dicono che 'l mare ne hanno congelati e la schiuma nudriti e che siamo venuti sopra la terra a destruggere il Mondo (...). Dicendo i venti rovinano le case, troncano gli alberi e il fuoco li abbrucia, ma questi (...) tutto divorano, consumano la terra, fanno forza ai fiumi, mai non stanno in quiete, né in riposo, sempre vanno scorrendo, quando a una parte e quando a un'altra, cercando l'oro e l'argento, non saziandosi mai, poi lo giuocano, guerreggiano, si ammazzano, rubano, bestemmiano, rinnegano, non dicono mai il vero, e ne hanno privati de gli nostri mantenimenti. E finalmente maledicono il Mare che ha messo nella terra così malvagissimi e asperissimi figlioli." (Entrambe le citazioni si possono leggere all'interno del Cap. secondo - pp. 33-52 - di P. Coppo, Passaggi. Elementi di critica dell'antropologia occidentale, I libri dell'Oroboro, Edizioni Colibrì, Milano 1998.) Commettere stragi abominevoli in nome del "Redentore" e della "civiltà" era del resto un'attitudine con salde radici presso i cristiani d'Occidente. Basti ricordare, ancor prima dell'Inquisizione, il comportamento dei crociati nel vittorioso assalto a Gerusalemme del 1099: "Una volta fatta una breccia, i crociati poterono salire le scale d'assalto e irrompere in Gerusalemme. Le porte furono aperte, e i cristiani sciamarono al grido di 'Dio lo vuole, Dio ci aiuta!' per le strade. E cominciò l'orrendo massacro dei fuggitivi: 'I nostri li inseguirono dappresso, uccidendoli a forza di fendenti, sino al tempio di Salomone, dove fecero un tal massacro da sguazzare nel sangue sino alle caviglie (...).' Non una casa venne risparmiata. (...) non gli bastava la semplice uccisione di vecchi, donne e bambini. Perciò alcuni vennero costretti a gettarsi dalle torri, altri furono buttati dalle finestre perché la rottura dell'osso del collo desse loro una morte lenta; e i bambini furono strappati dal seno materno e scagliati contro pareti e stipiti per farne sprizzare il cervello. Alcuni, infine, furono arrostiti a fuoco lento, ad altri fu squarciato il ventre per accertare se avessero inghiottito oro o gioielli. 'E furono cose mirabili a vedersi,' trova il chierico Raimondo d'Agiles. 'Innumerevoli saraceni furono decapitati..., altri uccisi con le frecce, altri scaraventati dai merli delle torri, altri ancora torturati per giorni e quindi consegnati alle fiamme. Le strade erano coperte di mucchi di teste, mani e piedi mozzati, e ovunque bisognava aprirsi un varco tra cavalli morti e cadaveri umani.' Nessuno sfuggì al massacro. Gli ebrei, rifugiatisi nella sinagoga principale, furono chiusi dentro e arsi tutti. (...) - fra i 40 e i 70.000 esseri umani, a seconda dei cronisti - persero la vita in un giorno per mano dei pellegrini venuti in nome della croce. (...) E un altro cronista scrive: 'Nessuno ha mai veduto né udito di un tale massacro tra la gente pagana.' E questo medesimo cronista, fatta la rassegna delle uccisioni e dei saccheggi, si affretta ad aggiungere: 'Quindi, felici e piangendo di gioia, i nostri si recarono a venerare la tomba del Nostro Salvatore (...)'" (J. Lehman, I crociati, Garzanti, Milano 1996, pp. 127-128)
(7) Sui vari fattori, di ordine geografico, ecologico, tecnologico, economico, sociale e sanitario, che hanno concorso a rendere gli Europei la "razza padrona", v. J. Diamond, Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, Einaudi, Torino 1998 (che può essere letto come seguito di un altro importante testo del medesimo autore: Il terzo scimpanzé, Bollati Boringhieri, Milano 1994); v. anche il Cap. IV - pp. 47-64 - di R. S. Desowitz, Chi ha dato la pinta alla Santa Maria?, Giovanni Fioriti, Roma 1998. Sull'immagine degli Indiani d'America offerta dagli scrittori bianchi, v. E. Zolla, I letterati e lo sciamano. L'Indiano nella letteratura americana dalle origini al 1988, Marsilio, Venezia 1989.
(8) Cfr. A Boudineau, Bases scientifiques de l'astrologie pour le calcul et l'érection du thème, Villain et Belhomme-Éditions Traditionnelles, Paris 1976 (pp. 84-85, 133-137), libro che è, peraltro, complessivamente, uno dei pochissimi manuali di valore prodotti dall'astrologia contemporanea.
(9) La capacità di attrazione dei magneti naturali (e di quelli artificiali), detta "campo magnetico", è particolarmente intensa vicino ai "poli magnetici", due punti della superficie del corpo magnetizzato (di solito contrapposti) che, avvicinati successivamente allo stesso polo di una seconda calamita, ne sono l'uno attratto e l'altro respinto. Della medesima natura risulta essere il fenomeno del magnetismo terrestre, generato da correnti elettriche che hanno sede e fluiscono nel nucleo esterno (guscio spesso oltre duemila chilometri, composto prevalentemente di ferro allo stato liquido e funzionante come una grande dinamo), per cui un piccolo ago magnetico, libero di ruotare attorno al suo baricentro, orienta il proprio asse secondo una direzione che dipende dalla posizione geografica, giacendo però sempre in un piano prossimo a quello che comprende il meridiano terrestre. Tale fenomeno si spiega assumendo che la Terra si comporti come un'enorme calamita i poli della quale sono prossimi a quelli geografici (il Polo Nord magnetico è situato presso l'isola di Bathurst, nel Canada settentrionale), e sia quindi sede di un campo magnetico la cui intensità, molto debole (compresa tra 0,2 e 0,6 gauss), varia da luogo a luogo (ai Poli è circa il doppio che all'Equatore) e la cui direzione è data dall'angolo di declinazione (formato dal piano del vettore con il piano del meridiano geografico) e dall'angolo di inclinazione (formato dal piano del vettore con il piano dell'orizzonte) dell'ago della bussola. I due poli magnetici terrestri sovrastano i due diversi emisferi, esercitando su di essi una forza attrattiva identica, ma di segno contrario. "I Poli reali [ognuno dei due punti in cui l'asse di rotazione della Terra interseca la superficie della Terra stessa - da distinguersi dai Poli geografici, che sono i punti d'incontro con la superficie terrestre dell'asse di simmetria dell'elissoide di rotazione cui la Terra viene assimilata] subiscono nel tempo (...) degli spostamenti quasi periodici con periodo di oltre 400 giorni, di ridottissima entità (non più di 15 m.), che tendono a circoscrivere più o meno irregolarmente il punto dell'esatta localizzazione geometrica del Polo: la curva che essi tracciano sulla superficie terrestre è detta polodia e il fenomeno è noto anche con l'espressione 'migrazione dei Poli'; se la polodia anziché essere una curva che tende a chiudersi avesse direzione approssimativamente rettilinea, la Terra sarebbe sede di progressive, radicali trasformazioni del suo paesaggio in relazione ai mutamenti di clima che ne conseguirebbero: fenomeni del genere si sono già verificati sulla superficie terrestre nel corso delle ere geologiche (teoria della migrazione dei Poli), come testimoniato da ritrovamenti di piante fossili tipiche di climi caldi a latitudini oggi subpolari e confermato sia da studi sul magnetismo terrestre, sia dalla (...) teoria della deriva dei continenti." (Grande Dizionario Enciclopedico, UTET, Torino 1990, vol. XVI, p. 289) "Al tempo in cui i continenti erano uniti a costituire la Pangea (fino al Triassico-Giurassico) le direzioni degli assi magnetici delle rocce convergevano verso il polo magnetico di allora e oggi le misure paleomagnetiche condotte in due continenti su rocce coeve anteriori alla separazione indicano per l'antico polo posizioni diverse in quanto nel frattempo i continenti si sono mossi l'uno rispetto all'altro (...). In più, con metodi paleomagnetici, sono stati studiati i fondi oceanici e una delle più importanti scoperte effettuate è stata quella che il campo magnetico terrestre ha subìto nelle epoche geologiche frequenti inversioni: cioè una bussola, in periodo di polarità inversa rispetto a quella attuale, avrebbe indicato il polo sud del tempo anziché il polo nord." (Grande Dizionario Enciclopedico, op. cit., 1988, vol. XII, pp. 707-708) "La documentazione paleomagnetica indica che nel passato il campo magnetico terrestre ha invertito numerose volte la sua polarità a intervalli casuali, variabili tra 100.000 anni e 10 milioni di anni." (Atlante della Terra, UTET, Torino 1999, p. 66).
Dal punto di vista fisico, nonché filosofico, nessuna preminenza può venir attribuita al Polo Nord e all'emisfero boreale rispetto al Polo Sud e all'emisfero australe. Anzi, può essere interessante notare che, secondo Aristotele, solo gli ipotetici abitanti dell'emisfero Sud godevano della posizione privilegiata, vedendo sorgere gli astri alla destra e dalla destra salire, andando avanti, verso l'alto e poi scendere verso la sinistra e il basso (per il mondo antico, così come per il Medioevo, l'alto, la destra e il davanti erano le parti-direzioni eccellenti): "L'alto è il principio da cui il movimento trae la sua origine, la destra il punto donde esso parte, il davanti la direzione verso cui muove. (...) Dei due poli, quello che vediamo sopra di noi costituisce la parte inferiore, quello che ci è invisibile, la parte superiore. Diciamo infatti destra di ciascun (corpo) quella donde ha il suo principio il moto locale; ma principio della rivoluzione del cielo è donde gli astri sorgono, cosicché questa sarà la destra, mentre dove essi tramontano sarà la sinistra. Se dunque (il loro moto) parte da destra e si rivolge circolarmente verso destra, si ha di necessità che la parte superiore è il polo invisibile. Giacché se fosse quello visibile, il moto sarebbe verso sinistra, mentre abbiamo detto che non è così. È chiaro perciò che è il polo invisibile che costituisce la parte superiore. E quelli che abitano in esso si trovano nell'emisfero superiore e sulla destra, noi invece in quello inferiore e sulla sinistra, al contrario di come dicono i Pitagorici: questi infatti pongono noi sopra e nella parte destra, gli altri invece sotto e nella parte sinistra. È vero invece il contrario." (Aristotele, De Coelo, Sansoni, Firenze 1961, Libro II, 2, p. 285a, 20 e 3, p. 285b, 15 sgg.).
(10) "Non è l'inclinazione dell'asse (...) rispetto alla verticale al piano dell'eclittica che varia: essa si può considerare fissa a 23° 27', essendo la sua variazione annuale valutabile in frazioni di secondo d'arco (0'',468) [l'obliquità dell'eclittica subisce un'oscillazione lentissima con periodo di centinaia di secoli, restando sempre compresa tra 21° e 28°]; varia invece la direzione dell'asse, allo stesso modo in cui varia la direzione dell'asse di una trottola in movimento. Infatti i due semiassi terrestri descrivono ciascuno una superficie conica, con vertice al centro della Terra; l'asse dei due coni è la verticale al piano dell'eclittica e l'angolo di apertura (...) dei coni è pari a 23° 27'. Questo spostamento è detto propriamente moto conico dell'asse, ma, poiché una delle sue conseguenze più evidenti è un anticipo annuale degli equinozi, è anche detto movimento di precessione o retrogradazione degli equinozi, o semplicemente precessione. Lo spostamento annuo dell'asse è attualmente di 50'',27 in senso orario". (Grande Dizionario Enciclopedico, op. cit., 1990, vol. XVI, p. 499) A 23° 27' si situano i due paralleli di latitudine delimitanti la zona torrida: tropico del Cancro nell'emisfero Nord, tropico del Capricorno nell'emisfero Sud - ossia i luoghi della Terra che, in entrambi gli emisferi, hanno il Sole allo zenit una sola volta all'anno, nel giorno del relativo solstizio estivo.
(11) All'Equatore terrestre ogni punto della sfera sorge (e tramonta) insieme col grado che corrisponde alla sua Ascensione Retta, così che la differenza ascensionale, vale a dire la differenza in gradi equatoriali fra il sorgere (o il tramontare) del punto stesso e il sorgere (o il tramontare) del grado corrispondente alla sua Ascensione Retta, è sempre uguale a zero. Viceversa, ogni punto che non giaccia sull'Equatore celeste sorge (e tramonta) con un grado equatoriale sempre più distante, salendo verso i Poli, dal grado che corrisponde alla sua Ascensione Retta e la differenza ascensionale aumenta progressivamente. Tutti i punti di uguale declinazione, anche se di segno contrario, hanno la medesima differenza ascensionale. Quest'ultima, essendo una differenza temporale, che si potrebbe anche esprimere in ore, minuti e secondi anziché in gradi, primi e secondi - così come per tutti gli archi equatoriali -, non può che essere positiva (come far sì che la differenza ascensionale risulti sempre positiva, anche in presenza di una latitudine geografica o di una declinazione negative, è solo una questione di scelta matematica: o si toglie il meno prima, o lo si toglie dopo) ed è ben espressa dalla seguente formula: sen DA = tan|phi| tan|delta|, dove |phi| è l'elevazione del polo sull'orizzonte e |delta| è il valore, anch'esso assoluto, della declinazione.
"[I segni comandanti e obbedienti] possono essere disposti a coppie [Ariete e Pesci, Toro e Acquario, Gemelli e Capricorno, Cancro e Sagittario, Leone e Scorpione, Vergine e Bilancia] che presentano la proprietà di sorgere e di coricarsi con i medesimi tempi equinoziali. Dal Cancro al Sagittario incluso i segni sorgono retti (...) ovvero in più di due ore equinoziali o 30 gradi d'equatore, dal Capricorno ai Gemelli inclusi sorgono obliqui (...), in meno di due ore equinoziali e di 30 gradi d'equatore (...) [nei segni retti, di lunga ascensione, il passo medio del Sole aumenta e la durata dell'illuminazione diurna diminuisce, il contrario nei segni curvi, di corta ascensione]. Questo si verifica a tutte le latitudini del globo terrestre diverse da zero [motivo per cui su tutta la Terra, eccetto che all'Equatore, sono più frequenti le nascite con Ascendenti nei segni retti] (...). Al contrario, all'orizzonte dell'equatore terrestre (...), il primo verticale (ossia il cerchio massimo che passa tra lo zenit e il nadir) coincide con la linea equinoziale che sempre viene portata allo zenit dal moto diurno del firmamento; pertanto la differenza ascensionale di ogni grado dello zodiaco è pari alla sua declinazione rispetto all'equatore e i tempi di ascensione dei segni all'orizzonte corrispondono ai tempi dell'ascensione retta." (G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, Nuovi Orizzonti, Milano 1992, p. 293) Sul circolo massimo, tutti i punti della sfera hanno un'ora temporale diurna (e un'ora temporale notturna) pari a 15°, un semiarco diurno (e un semiarco notturno) pari a 90°, un arco diurno (e un arco notturno) pari a 180°. Al contrario, ogni punto con declinazione positiva ha un'ora temporale diurna maggiore di 15°, un'ora temporale notturna minore di 15°, un semiarco diurno maggiore di 90°, un semiarco notturno minore di 90°, un arco diurno maggiore di 180°, un arco notturno minore di 180°; così come ogni punto con declinazione negativa ha un'ora temporale diurna minore di 15°, un'ora temporale notturna maggiore di 15°, un semiarco diurno minore di 90°, un semiarco notturno maggiore di 90°, un arco diurno minore di 180°, un arco notturno maggiore di 180°.
(12) Il Polo Nord e il Polo Sud rimangono, da equinozio a equinozio, alternativamente in luce e in ombra per sei mesi di seguito (ovvero, ai Poli il dì e la notte durano sei mesi), riducendosi, così, le stagioni in entrambi a due soltanto: un'estate fredda e un rigidissimo inverno. Dall'equinozio di primavera, la zona d'illuminazione semestrale si allarga progressivamente fino a comprendere, al solstizio d'estate, la calotta polare artica nella sua interezza, mentre la zona d'ombra arriva ad estendersi su tutta la calotta polare antartica. Il processo inverso comincia a partire dall'equinozio d'autunno. "Nelle regioni polari al solstizio estivo la continuità dell'illuminazione fa sì che si ricevano 1100 Ly [Langley, dal nome dell'astrofisico americano inventore del bolometro, lo strumento che serve per misurare la radiazione solare], una quantità di energia maggiore di quella ricevuta all'Equatore intorno agli equinozi: il fatto che il Sole brilli per tutte le 24 ore della giornata compensa infatti ampiamente la sua scarsa elevazione sull'orizzonte. Per lo stesso motivo anche le medie latitudini (l'Italia, per esempio) al solstizio estivo ricevono più energia delle regioni equatoriali in quanto l'esposizione alla luce supera le 15 ore. Al solstizio invernale, invece, nelle stesse regioni temperate si scende a 300 Ly. L'energia ricevuta all'Equatore varia di poco durante l'anno, mantenendosi tra 820 e 900 Ly." (Atlante della Terra, op. cit., p. 325)
(13) Quanto alla durata variabile delle stagioni, essa dipende: 1) dalla forma ellittica che l'orbita della Terra descrive attorno al Sole e dalla diversa velocità di rivoluzione della 'I'erra stessa (conformemente alla seconda legge di Keplero - le aree descritte dal raggio vettore che unisce il Sole a un pianeta sono proporzionali ai tempi impiegati a percorrerle -, essa è maggiore al perielio - cui corrisponde, attualmente, l'inverno nell'emisfero Nord e l'estate nell'emisfero Sud -, minore all'afelio - inverno nell'emisfero Sud, estate nell'emisfero Nord); 2) dall'effetto della precessione degli equinozi; 3) dalle perturbazioni planetarie.
La durata dell'anno che noi consideriamo per il nostro calendario tiene conto del moto precessionale, per cui non si verifica uno sfasamento tra stagioni e mesi dell'anno. "Cesare ristabilì la corrispondenza fra l'anno civile e l'anno solare [l'anno tropico o solare o equinoziale corrisponde all'intervallo di tempo (365d, 5h, 48m, 46,98s) compreso tra due passaggi consecutivi del Sole al punto gamma o punto vernale], lasciò inalterati i mesi di marzo, maggio, luglio, ottobre (con 31 giorni) e febbraio (28) (...), aggiunse due giorni ai mesi di gennaio, agosto e dicembre portandoli a 31 giorni, e un giorno ai mesi di aprile, giugno, settembre e novembre portandoli a 30 giorni. (...) Ogni quattro anni, tra il 23 e il 24 febbraio, si intercalava un giorno, il bissexto kalendas Martias, donde il nome di bisestile dato all'anno di 366 giorni. Il primo anno giuliano incominciò al 1° di gennaio dell'anno 709 di Roma (45 a. C.) in giorno di novilunio. Il C. giuliano rappresentò una riforma capitale, ma lasciava ancora una causa di irregolarità futura perché Sosigene [Sosigene di Alessandria, l'astronomo che lo aveva elaborato] non tenne conto di 11 minuti e 12 secondi che mancano alle sei ore complementari dei 365 giorni. (...)
Il C. gregoriano (...) corresse il C. giuliano. Questo presentava un eccesso di una piccolissima frazione di giorno che dopo quattro secoli dava tre giorni di differenza, per cui l'equinozio di primavera si trovava in ritardo di 10 giorni in 1629 anni. Già nel corso del Medioevo si erano notate differenze non gravi fra l'andamento del C. e l'anno solare e qualche differenza nelle fasi lunari. Papi, monaci, sovrani, concili si interessarono alla questione, finché Gregorio XIII provvide alla riforma del C. giuliano con la bolla Inter gravissimas del 24-II-1582, traducendo in pratica una deliberazione del concilio di Trento (4-XII-1563) e valendosi dell'opera dei più insigni matematici del tempo, secondo un piano elaborato dall'astronomo e medico calabrese Aloysius Lilius (Luigi Giglio). Il papa ordinò che il giorno seguente al 4 ottobre di quell'anno fosse considerato come il 15 ottobre, stabilendo così l'accordo tra il C. civile e l'anno solare, e che fosse soppresso il bissesto negli anni centenari non multipli di 400. La riforma gregoriana lascia ancora sussistere un errore di ca. 6 giorni ogni 10.000 anni; in sostanza per due millenni praticamente non sarà necessario fare altre correzioni." (Grande Dizionario Enciclopedico, op. cit., 1985, vol. III, pp. 941-942. Cfr. G. Bezza, "Calendario gregoriano", "*Sestile*" n. 84, 2000, pp. 4-5)
Riguardo ai climi - clima (ant. clìmate o clìmato), dal lat. clima -climatis, gr. klima -klimatos (der. di klinein: piegare, inclinare), inclinazione della terra dall'equatore ai poli, quindi spazio, regione, zona geografica, è "l'insieme delle condizioni del tempo riscontrabili in una regione o in una località nel corso di un anno, dedotto da statistiche fatte su un periodo di molti anni", i cui elementi e fattori principali sono "temperatura, venti, precipitazioni" e "latitudine, altitudine, distanza dal mare, esposizione al Sole, orografia e influenza delle correnti marine, presenza o assenza di vegetazione" (Nuova Enciclopedia Universale, Garzanti, Milano 1998, p. 357) -, "tra le classificazioni (...) quantitative la più nota tra i climatologi e i naturalisti è quella di Wladimir Köppen (...). Vi si distinguono 5 grandi classi con 11 tipi di climi:
climi umidi tropicali (il limite polare e altimetrico è rappresentato dall'isoterma reale di + 18°C del mese meno caldo):
a) clima della foresta pluviale;
b) clima della savana (con stagione asciutta);
climi aridi:
a) clima della steppa,
b) clima del deserto;
climi umidi temperati (temperatura del mese più freddo tra + 18°C e - 3°C):
a) clima temperato con inverno secco (monsonico),
b) clima temperato con estate secca (mediterraneo),
c) clima temperato senza stagione secca;
climi boreali (esclusivi dell'emisfero settentrionale, limiti termici tra - 3°C del mese più freddo e + 10°C del mese più caldo):
a) clima boreale senza stagione secca,
b) clima boreale con inverno asciutto (esclusivo dell'Asia orientale);
climi nivali (temperatura del mese più caldo < a 10°C):
a) clima della tundra,
b) clima del gelo perenne.
Alla classificazione del Köppen è stata poi aggiunta una 12ª suddivisione: clima di alta montagna e degli altopiani." (Grande Dizionario Enciclopedico, op. cit., 1986, vol. V, p. 210) Più recente la classificazione di C. Troll e K. H. Paffen, che contempla 7 zone:
zona polare e subpolare: a) clima delle regioni glaciali, b) clima polare, c) clima subartico della tundra, d) clima subpolare nettamente oceanico;
zona boreale moderatamente fredda: a) clima boreale oceanico, b) clima boreale continentale, c) clima boreale fortemente continentale;
due zone temperate fresche, l'una comprendente i climi della foresta: a) clima decisamente oceanico, b) clima oceanico, c) clima suboceanico, d) clima subcontinentale, e) clima continentale, f) clima decisamente continentale, g) clima con estate calda e umida, h) clima con estate calda e umida ed inverni umidi, i) clima stabilmente umido con estate calda; l'altra i climi della steppa: a) clima steppico con inverno freddo, b) clima steppico umido con inverno mite, c) clima steppico secco con inverno freddo, d) clima steppico secco con inverno mite, e) clima steppico con estate umida ed inverno freddo, f) clima semidesertico e desertico con inverno freddo, g) clima semidesertico e desertico con inverno mite;
zona subtropicale moderatamente calda: a) clima mediterraneo con estate secca ed inverno umido, b) clima steppico con estate secca ed inverno umido, c) clima steppico con estate breve ed umida, d) clima con inverno secco ed estate lunga e umida, e) clima semidesertico e desertico, f) clima delle praterie stabilmente umido, g) clima stabilmente umido con estate molto calda;
zona tropicale: a) clima piovoso tropicale, b) clima umido tropicale con estate umida, c) clima umido tropicale con estate ed inverno umidi, d) clima tropicale ad umidità variabile, e) clima secco tropicale, f) clima secco tropicale con inverno umido, g) clima semidesertico e desertico tropicale. (Cfr. Grande Atlante Geografico, UTET, Torino 1999, pp. 244-245)
Il vento è un "movimento orizzontale o verticale di una massa d'aria dovuto a differenze di pressione, le quali a loro volta sono dovute a una distribuzione ineguale di calore. La corrente d'aria si muove nella direzione che va dalla zona ad alta pressione verso quella a bassa pressione. Ma nella genesi del vento intervengono altre due forze, una deviante (forza di Coriolis) dovuta alla rotazione della Terra e una di attrito causata dalle asperità della superficie terrestre. L'attrito genera turbolenze tanto più forti quanto più si è vicini al suolo, mentre salendo di quota i venti tendono a farsi più laminari. Tra il suolo e la regione dove si attenuano le turbolenze la velocità del vento può triplicarsi. Sulla superficie marina, dove l'attrito è minore, la velocità del vento è invece inferiore a quella in quota soltanto di un 30%. Nel 1808 l'ammiraglio inglese Francis Beaufort stabilì una classificazione empirica degli effetti del vento, con valori da 1 a 12. La velocità del vento a seconda delle situazioni può essere espressa in nodi (1,8 km/h) o in metri al secondo (1 m/s = 2 nodi = 3,6 km/h). La regola del meteorologo olandese Hendrik Ballot (1817-1890) collega la direzione del vento ai centri di alta e bassa pressione. Nell'emisfero boreale, stando con le spalle al vento, la bassa pressione è in diagonale avanti a sinistra, mentre l'alta pressione è dietro a destra. Nell'emisfero australe, sempre stando con le spalle al vento, la bassa pressione è avanti a destra, quella alta è dietro a sinistra." (Atlante della Terra, op. cit., p. 448).
"In prima approssimazione, per abbozzare un modello, molto semplificato, si può supporre che in ciascun emisfero della Terra si stabiliscano tre grandi cellule di convezione. La prima cellula - detta 'cellula di Hadley' dal nome dello scienziato inglese George Hadley che la descrisse nel 1753 - nasce dall'aria più calda e leggera che si forma vicino all'Equatore, sale fino al limite della troposfera [la fascia atmosferica compresa all'incirca tra il livello del mare e i 14 km di quota] e scende intorno alla latitudine di 30°, sia a Nord sia a Sud dell'Equatore. Qui, una parte dell'aria discendente ritorna verso le basse pressioni equatoriali, generando quei venti costanti che sono gli alisei; un'altra parte continua la risalita verso Nord ma, giunta alla latitudine di circa 60°, incontra l'aria fredda polare e scende anch'essa al suolo, chiudendo la seconda cella di convezione: è la 'cellula di Ferrel', da William Ferrel, che la individuò nel 1856. Infine, una parte residua di aria calda dà origine a una terza cellula di convezione, che scambia calore tra la latitudine di 60° e i Poli (cellula polare). Le tre cellule diventano più deboli a mano a mano che si va dall'Equatore verso il Polo Nord o verso il Polo Sud. In esse si verifica lo stesso fenomeno (...) [delle] correnti oceaniche: le forze di Coriolis (...) attorno alle alte pressioni fanno deviare le correnti d'aria in senso orario nell'emisfero boreale e in senso antiorario nell'emisfero australe. L'opposto avviene per i venti che circolano intorno alle depressioni. Inoltre i venti della circolazione globale, salendo di quota, acquistano velocità dando origine alle correnti a getto: spiccano una corrente a getto sulle latitudini tropicali e una corrente a getto sulle latitudini polari. Nelle correnti a getto, sempre per effetto della rotazione terrestre, si determinano anche ondulazioni lunghe parecchie migliaia di km: sono le 'onde di Rossby', la cui ampiezza e velocità variano secondo parametri matematici, in quanto la loro velocità diminuisce quanto più cresce la loro lunghezza. Le creste delle onde di Rossby sono costituite da aria calda che migra verso i Poli, mentre le concavità sono costituite da aria fredda che migra verso l'Equatore. Le concavità fredde possono staccarsi dalla massa originale ruotando con moto 'ciclonico', cioè opposto a quello delle lancette dell'orologio. Sotto le correnti a getto possono formarsi onde minori, lunghe un migliaio di chilometri, dette 'onde di Bjerknes'. Anche in queste onde la cresta è colma di aria calda, mentre la concavità contiene l'aria più fredda. (...) Le tre cellule che in ogni emisfero rimescolano continuamente la troposfera lasciano in mezzo, sull'Equatore, una regione di calma quasi assoluta. Gli alisei che da Nord e da Sud convergono sull'Equatore, arrivati in prossimità di esso, per l'alta temperatura si innalzano a qualche migliaio di metri sopra il mare come se si infilassero in un camino: e sotto abbiamo il fenomeno delle 'calme equatoriali' (doldrums), drammaticamente descritto da tanti marinai all'epoca della navigazione a vela.
Contribuisce alla calma equatoriale il fatto che la tropopausa [strato dell'atmosfera terrestre, dello spessore di qualche centinaio di metri, che separa la troposfera dalla stratosfera] sull'Equatore si trova più in alto, a 16-18 km: qui inizia la stratosfera e la temperatura dell'aria smette di diminuire; l'aria in ascesa, quindi, giunta a questo tetto, si espande, ma è pochissima l'aria dell'emisfero australe che sconfina in quello boreale e viceversa. Slittando poi verso Nord o verso Sud, l'aria scarica la sua umidità (piogge equatoriali, regione della foresta pluviale) e quando finalmente torna verso il suolo formando l'alta pressione alla latitudine di 30°, è perfettamente secca: di qui i deserti del Sahara in Africa, di Mojave negli Stati Uniti e il Gran Deserto Vittoria in Australia.
Sulle regioni polari l'aria fredda cala dall'alto schiacciando e sospingendo in tutte le direzioni l'aria in superficie. Scendendo verso latitudini più calde, deviata dalle forze di Coriolis, forma i venti polari orientali, che corrispondono, nella cellula polare, agli alisei della cellula equatoriale di Hadley. Dove la cellula polare entra in frizione con la cellula delle latitudini intermedie si sviluppano cicloni e anticicloni. Nel complesso i venti delle latitudini temperate tendono a spirare da Ovest, ma queste regioni sono meteorologicamente molto variabili, e il semplice modello a cellule non basta per descriverne il clima se non con una grossolana approssimazione. Sugli oceani l'attrito tra le cellule dà luogo a venti talvolta formidabili, come quelli del Pacifico meridionale, dove venti da Ovest a 150 km all'ora soffiano per lunghi periodi, o i famigerati Roaring Forties (i 'Quaranta ruggenti'), Howling Fifties (i 'Cinquanta urlanti') e Screeching Sixties (i 'Sessanta stridenti'), venti che traggono i loro nomi dalle latitudini dove spirano.
I sistemi ciclonici, caratterizzati da una bassa pressione atmosferica, si formano quando si incontrano masse di aria calda e fredda generando un vortice. Nell'emisfero Nord i venti ciclonici soffiano in senso antiorario intorno al minimo barico; il contrario avviene nell'emisfero Sud. I sistemi anticiclonici, caratterizzati da un'alta pressione, nascono da flussi di aria discendenti che ruotano in senso orario nell'emisfero Nord e in senso antiorario nel Sud." (Ibid., pp. 325-326)
Notava nel suo grandioso Lessico Gerolamo Vitali: "D'altra parte, quando parliamo sia della natura dei venti sia di quella dei segni, parliamo sempre rispetto alla regione boreale che noi abitiamo, ma è fuor di dubbio che, passando l'Atlantico e dirigendoci oltre l'Equatore, faremo esperienza di condizioni esattamente opposte alle nostre." (Hyeronimo Vitali, Lexicon Mathematicum, Parisiis 1668, p. 77)
(14) A mia conoscenza, fra gli studiosi contemporanei (e anteriormente alla pubblicazione del mio testo) solo Giuseppe Bezza e Roberto Busceti hanno impostato in modo corretto il problema. (cfr. H. G. von Bamburg - pseudonimo di Bezza -, "La figura di natività", "Schema", n. 9, 1988, pp. 487-489; G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., pp. 314-316, 321; R. Busceti, Le chiavi del cielo. Ricostruzione del pensiero antico e dell'astrologia divina, Blue Diamond Publisher, Milano 1992, pp. 345-348). Colgo l'occasione per ringraziare Bezza del suo aiuto, come al solito tanto generoso quanto prezioso. E insieme ringrazio l'amico Marco Fumagalli che ha realizzato queste pagine con le relative figure.
(15) "Se i dodici segni hanno una disposizione circolare, per quale motivo abbiamo posto l'inizio a partire dall'Ariete e non piuttosto dal Cancro, in quanto oroscopo del mondo, o dal Leone che è domicilio del Sole? Per quale motivo ai domicili dei due luminari è stato anteposto l'Ariete, domicilio di Marte? Rispondiamo che gli antichi (palaiói), giacché hanno dato dei dodici segni una rappresentazione corporea in conformità alle parti del corpo umano, stabilirono l'inizio a partire dall'Ariete, dicendo che esso era la testa, il Toro il collo e così di seguito fino ai piedi. Stabilirono quindi l'inizio nell'Ariete, in quanto parte del corpo egemonica, significante il cervello e quanto appartiene alla testa. Hanno inoltre raffigurato le quattro età secondo le quatto stagioni, ponendo l'inizio nel segno primaverile ovvero nell'Ariete: la primavera significa infatti l'allattamento, l'estate la gioventù, l'autunno l'età media, l'inverno la vecchiaia. Vi sono inoltre quattro segni che son detti conversivi (tropikà) o mutevoli, quattro solidi e quattro bicorporei. I segni mutevoli sono così chiamati poiché quando il Sole entra in questi segni lo stato dell'aria muta da una condizione a un'altra. Quando entra in Ariete, segno conversivo, porta il mutamento primaverile ed equinoziale e l'aria si fa più dolce e il giorno si allunga oltre la durata equinoziale. Quando giunge in Toro, segno solido e primaverile, porta un'aria più stabile, non cangiante ed accresce ancor più il giorno. Quando entra in Gemelli, segno bicorporeo, rende l'aria oscillante fra due stati e produce una mistione fra la primavera e l'estate ed accresce ancora la quantità del giorno. In questi tre segni si ripartisce la primavera, che è aria. Entrando in seguito il Sole in Cancro, segno conversivo, porta il mutamento estivo e l'aria inizia a farsi più calda, la quantità del giorno diminuisce ed aumenta quella della notte. Giungendo poi in Leone, segno solido ed estivo, porta un'aria più stabile, non cangiante, ancora diminuisce la quantità del giorno e accresce quella della notte. Entrando poi nella Vergine, segno bicorporeo, rende l'aria oscillante fra due stati e produce una mistione fra l'estate e l'autunno, mentre ancora aumenta la quantità della notte, diminuisce quella del giorno. In questi tre segni si compie l'estate, che è fuoco. In seguito, entrando il Sole in Bilancia, segno conversivo, porta il mutamento autunnale ed equinoziale; da questo momento l'aria inizia a volgere al freddo e la notte si allunga oltre la durata equinoziale. Giungendo poi il Sole in Scorpione, segno solido, più stabile e non cangiante, si fa l'aria autunnale, ancora diminuisce la quantità del giorno ed aumenta quella della notte. Giungendo in Sagittario, segno bicorporeo, rende l'aria oscillante fra due stati e produce una mistione fra l'autunno e l'inverno ed ancor più scema la quantità del giorno e s'accresce quella della notte. In questi tre segni si compie l'autunno, che è terra. In seguito, entrando il Sole in Capricorno, segno conversivo, produce il mutamento invernale e spiccatamente invernale è la qualità dell'aria e il giorno inizia a crescere, la notte a diminuire. Giungendo poi il Sole in Acquario, segno solido e invernale, fa più stabile e non cangiante l'aria dell'inverno, scema ancora la quantità della notte, s'accresce quella del giorno. Giungendo il Sole in Pesci, segno bicorporeo, rende l'aria oscillante fra due stati e produce una mistione fra l'inverno e la primavera, diminuisce ancora la quantità della notte ed aumenta quella del giorno, fino alla durata equinoziale. In questi tre segni si compie l'inverno, che è acqua." (Retorio, in G. Bezza, Arcana Mundi. Antologia del pensiero astrologico antico, vol. I, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1995, pp. 120-122)
"Quattro sono i tempi dell'anno: primavera, estate, autunno e inverno. La primavera abbonda in umidità, che si effonde quando, il freddo trascorso, inizia il calore; l'estate abbonda in calore per la vicinanza del Sole al nostro punto verticale; l'autunno abbonda in secchezza per il riassorbimento degli umori che segue alla stagione calda; l'inverno abbonda in freddo, giacché il Sole si trova nel punto più lontano dal nostro vertice. Per ciò, sebbene lo zodiaco in quanto circolo non abbia alcun principio naturale, la dodicesima parte che inizia dall'equinozio vernale, l'Ariete, fu posta a fondamento e principio delle altre parti": "fu (...) assunta, come causa iniziale dello zodiaco, quasi creatura animata, la sovrabbondanza umida della primavera e gli altri tempi dell'anno furono fatti seguire ad essa. Invero la prima età di tutti gli esseri viventi abbonda, non diversamente dalla primavera, dell'essenza umida ed è tenera e molle; la seconda età, che giunge fino al culmine del vigore, abbonda in calore come l'estate; la terza, che già sfiorisce ed è l'inizio del declinare, abbonda in secchezza al pari dell'autunno; l'ultima infine, prossima alla dissoluzione, abbonda in freddo come l'inverno." (C. Tolemeo, Tetrabiblos, Libro I, Cap. 10, in G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., p. 211)
(16) 1 nomi stessi dei punti cardinali dell'orizzonte sono stati stabiliti in relazione al nostro emisfero assumendo poi una valenza universale. Coloro che giungono, per la prima volta, dall'emisfero boreale all'emisfero australe, non possono non sentirsi letteralmente disorientati constatando che il sorgere del Sole (Est), rivolti verso il Sud dell'emisfero in cui si trovano (verso il mezzogiorno), avviene alla loro destra, esattamente al contrario di quanto si verifica nell'emisfero da cui provengono (cfr. infra, nota n. 9). Nei temi australi si può, per comodità, lasciare inalterato lo schema della domificazione e limitarsi a invertire i segni. Ma per correttezza si dovrebbe disporre l'Ascendente al posto del Discendente (e viceversa), facendo seguire alle Case il moto antiorario e ai segni (invertiti) il moto orario.
(17) Effemeridi valide per l'emisfero Sud dovrebbero riportare un tempo siderale e una longitudine eclittica degli astri - e relativi valori (+ o -) di declinazione e latitudine - opposti, ogni giorno dell'anno, a quelli che si possono leggere nelle attuali effemeridi, tutte riferite all'emisfero Nord. Così, l'utilizzazione delle effemeridi in commercio, allo scopo di erigere un tema per l'emisfero Sud, comporta le seguenti modalità: 1) di ogni astro si devono considerare valori di longitudine, declinazione e latitudine opposti a quelli pubblicati nelle effemeridi stesse (per fare un esempio, i valori attribuiti alla Luna del 30 ottobre 1960, 0h da The American Ephemeris, longitudine 11° 12' 42" Pesci, declinazione 7° 6' S, latitudine 0° 17' N, devono essere letti: longitudine 11° 12' 42'' Vergine, declinazione 7° 6' N, latitudine 0° 17' S); 2) al tempo siderale di nascita (v. infra, nota n. 25) vanno aggiunte 12 ore - con l'ovvia sottrazione di 24 qualora il risultato superi le 24 ore. Dopo di che, si devono impiegare le Tavole delle Case allo stesso modo che per le nascite boreali (cfr. infra, nota n. 32).
(18) A causa della precessione degli equinozi, ogni 25.800 anni - calcolati in base allo spostamento attuale - il punto gamma coincide con l'inizio della costellazione dell'Ariete; e come quest'ultima è tutta compresa entro il primo segno immateriale, così lo zodiaco stellato, nel suo complesso, risulta coincidere con lo zodiaco tropico. In realtà mai può verificarsi una precisa sovrapposizione delle 12 immagini celesti, separate l'una dall'altra da spazi interstellari (in alcuni casi enormi, come tra Ariete e Toro) e ognuna di diversa grandezza, alle corrispondenti 12 suddivisioni dell'eclittica, ciascuna di 30°. L'epoca a noi più vicina che ha visto tale coincidenza (III sec. a. C.) è la stessa nella quale il corpus teorico dell'astrologia si andava formando.
(19) "In quanto porzioni definite e di uguale ampiezza dello zodiaco immateriale e privo di stelle, i dodici segni sono dai Greci chiamati dodekatemoria (...). Talora ci si serve del termine stoicheion, elemento, principio fondamentale, poiché ad ogni segno risponde una natura elementare del mondo, ma sovente, con il termine zodion l'astrologia e l'astronomia designano ora l'immagine stellata, ora il dodekatemorion, ora un arco di trenta gradi di un qualsivoglia circolo massimo o minore della sfera.
(...) All'inizio dell'osservazione del cielo, vi è la determinazione delle posizioni celesti rispetto all'orizzonte, in seguito rispetto a stelle prese a riferimento o in base alla via del Sole, come in Babilonia, o all'equatore come in Cina; quindi si stabiliscono le longitudini prendendo a riferimento il transito di stelle brillanti al meridiano. Infine, con la determinazione di uno zodiaco slegato dalle costellazioni, matematicamente ripartito e fissato agli equinozi e ai solstizi, le longitudini vengono stabilite a partire dall'equinozio vernale. In particolare, questi due ultimi metodi convissero nel periodo greco-romano. Dice Neugebauer che 'furono precise ragioni matematiche quelle che indussero a introdurre un grande circolo ben definito che misurava la progressione del Sole e dei pianeti rispetto a sezioni lunghe esattamente 30 gradi. Anzi, lo zodiaco non fu mai altro che un'indispensabile idealizzazione matematica e venne usato esclusivamente ai fini del computo astronomico'." (G. Bezza, Arcana Mundi, vol. I, op. cit., pp. 111-112)
"Noi ci serviremo dell'uso improprio di dare il nome delle immagini [zodia] alle dodicesime porzioni [dodekatemoria] del circolo obliquo" (C. Tolemeo, Almagesto, Libro II, Cap. 7 in G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., p. 239). "Ad ogni segno dello zodiaco, - nota Abd ar-Rahman as-Sûfi - 'è stato dato il nome della figura ritrovata al tempo delle osservazioni', ma di norma nell'astrologia araba e persiana, contrariamente all'abitudine dei compilatori bizantini, non vi sono per i segni dello zodiaco immobile simboli speciali, ma essi sono numerati semplicemente da 0 a 11" (G. Bezza, Arcana Mundi, vol. I, op. cit., pp. 114-115) "secondo l'ordine alfabetico detto abjad, che rappresenta l'uso delle lettere dell'alfabeto secondo il loro valore numerico (hurûf al-jummal)" (G. Bezza in al-Biruni, L'arte dell'astrologia, Mimesis, Milano 1997, p. 139). Al-Bîrûnî così definisce i segni zodiacali (burûj): 'Se dividiamo l'eclittica in dodici parti uguali iniziando dall'equinozio vernale e ad ogni divisione tracciamo altrettanti circoli massimi, otteniamo sei circoli che si intersecano ai due poli dell'eclittica e la sfera risulterà divisa in dodici porzioni, come un melone con dodici solchi. Queste porzioni sono i segni zodiacali (burûj) e ciascuno di essi ha una longitudine di trenta gradi misurata sull'eclittica e novanta gradi di larghezza, a Nord e a Sud dall'eclittica verso i suoi poli' [nell'accezione ristretta, "segno zodiacale" è invece uno dei dodici settori, ognuno di trenta gradi di longitudine, nei quali è diviso lo zodiaco, fascia di sfera celeste che circonda l'eclittica e si estende fino al 6°-10° a Nord e a Sud della stessa (cfr. Marco Fumagalli, I Moti del Cielo. Tavole di ascensione retta, declinazione, semiarchi, ore temporali, differenza ascensionale, ascensione e discensione obliqua, poli delle case, archi crepuscolari, fasi e calendario delle stelle, a tutte le latitudini terrestri, Cielo e Terra, Milano 2000, p. 29)]. In questo modo, il segno zodiacale si distingue dalla costellazione od immagine stellata, che è detta sûrah (...)" (Ibid.). E ancora: "Riguardo ai segni zodiacali, cominciamo con quella dodicesima porzione dell'eclittica che giace a nord del punto di intersezione dell'equatore e dell'eclittica, in conformità al secondo moto, ovvero alla precessione degli equinozi. In questo modo, il solstizio estivo cadrà sempre all'inizio del quarto segno, il solstizio invernale all'inizio del decimo." (al-Bîrûnî, Gli astri, il tempo, il mondo. Viaggio nell'India segreta, Xenia, Milano 1997, p. 210)
"Sia la natura dei segni, sia quella delle immagini è costante: sempre il segno dell'Ariete è maschile, diurno, mobile, sempre l'immagine dell'Ariete è quella di un quadrupede, le cui stelle nelle corna hanno temperamento simile a quello di Saturno e di Marte, quelle nella coda a quello di Venere, etc. Diciamo che entrambe queste nature sono costanti, perché non vengono mutate dal succedersi del tempo (...): l'astrologo prudente deve unire l'immagine al segno e da questa unione nasce una terza natura per giusta mescolanza (...)." (G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., p. 240)
Cfr. V. Nabod, Astronomicarum institutiones libri tres, Venetiis 1580, Cap. 11.
(20) E ancora: dodicesimo (dodicesimo di un dodicesimo del circolo zodiacale, dodecatemorio di un dodecatemorio - cfr. G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., pp. 356-357; Paolo d'Alessandria, Introduzione all'astrologia. Lineamenti introduttivi alla previsione astronomica, Mimesis, Milano 2000, pp. 82-86; al-Bîrûnî, op. cit., pp. 81-82) di Marte (0°-2° 30' e 17° 30'-20°), di Venere (2° 30'-5° e 15°-17° 30'), di Mercurio (5°-7° 30' e 12° 30'-l5°), della Luna (7° 30'-10°), del Sole (10°-l2° 30'), di Giove (20°-22° 30' e 27° 30'-30°), di Saturno (22° 30'-27° 30'); monomoiria per triangolo (cfr. G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., p. 358; Paolo d'Alessandria, op. cit., pp. 139-141) del Sole (geniture diurne: 1°, 8°, 15°, 22°, 29° - geniture notturne: 2°, 7°, 16°, 21°, 30°), di Giove (g. d.: 2°, 9°, 16°, 23°, 30° - g. n.: 1°, 10°, 15°, 24°, 29°), di Venere (g. d.: 3°, 10°, 17°, 24° - g. n.: 4°, 9°, 18°, 23°), della Luna (g. d.: 4°, 11°, 18°, 25° - g. n.: 3°, 12°, 17°, 26°), di Saturno (g. d.: 5°, 12°, 19°, 26° - g. n.: 6°, 11°, 20°, 25°), di Mercurio (g. d.: 6°, 13°, 20°, 27° - g. n.: 5°, 14°, 19°, 28°), di Marte (g. d.: 7°, 14°, 21°, 28° - g. n.: 8°, 13°, 22°, 27°); monomoiria per homozônia (cfr. G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, ibid.; Paolo d'Alessandria, op. cit., pp. 35-36) di Marte (1°, 8°, 15°, 22°, 29°), del Sole (2°, 9°, 16°, 23°, 30°), di Venere (3°, 10°, 17°, 24°), di Mercurio (4°, 11°, 18°, 25°), della Luna (5°, 12°.19°, 26°), di Saturno (6°, 13°, 20°, 27°), di Giove (7°, 14°, 21°, 28°) ); novenaria (cfr. G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, ibid.; al-Bîrûnî, op. cit., p. 81) di Marte (0°-3° 20' e 23° 20'-26° 40'), di Venere (3° 20'-6° 40' e 20°-23° 20'), di Mercurio (6° 40'-10° e 16° 40'-20°), della Luna (10°-13° 20'), del Sole (13° 20'-16° 40'), di Giove (26° 40'-30°).
All'immagine dell'Ariete ("Le stelle che sono nel capo (alpha, beta, gamma) hanno una natura simile a quelle di Marte e Saturno insieme confuse, quelle che sono nella bocca (eta, theta) simili per natura a Mercurio e in parte minore a Saturno, quelle che sono nel piede posteriore (ro, sigma, mu) a Marte, quelle che sono nella coda (epsilon, delta, zeta, tau) a Venere.", G. Bezza, Le dimore celesti. Segni e simboli dello zodiaco, Xenia, Milano 1998, p. 161) competono le seguenti definizioni: terrestre, quadrupede, domestico, servile o mercenario, lussurioso e passionale e indifferente nelle relazioni sessuali, di abbondante seme, mutilato, di debole vista, semivocale (cfr. Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., p. 252; G. Bezza, Arcana Mundi, vol. I, op. cit., p. 131-135; G. Bezza, Le dimore celesti, op. cit., pp. 154-156).
Per la spiegazione classica dell'ordinamento dei domicili e delle altre dignità essenziali dei pianeti, v. G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., pp. 309-368; G. Bezza, Arcana Mundi, vol. I, op. cit., pp. 283-300.
Scrive Tolemeo, nel Quadripartito, riguardo alle tre principali dignità:
"Dei domicilii di ciascun astro
Gli astri erranti hanno (...) una relazione naturale con le parti dello zodiaco in forza dei cosiddetti domicilii, trigoni, esaltazioni, confini e simili. Per quanto attiene ai domicilii, questo è il loro ordinamento naturale: dei dodici segni, quelli maggiormente boreali e più prossimi al nostro vertice sono perciò produttivi di calore e di ardore ed essi sono il Cancro e il Leone che vennero assegnati quali domicilii ai luminari, i corpi celesti più grandi e più eminenti. Il Leone, in quanto segno maschile, al Sole; il Cancro, in quanto segno femminile, alla Luna. In seguito, l'emiciclo compreso tra il Leone e il Capricorno fu denominato solare; l'altro, dall'Acquario al Cancro, lunare, sicché in entrambi gli emicicli fu attribuito a ciascuno dei cinque astri un segno, l'uno configurato rispetto al Sole, l'altro rispetto alla Luna, in conformità ai moti delle loro sfere e alla peculiarità della loro natura.
Alla stella di Saturno, che è soprattutto frigidifica e la cui natura si oppone al calore e la cui sfera è la più alta e la più lontana dai luminari, furono attribuiti i segni opposti al Cancro e al Leone, ovvero il Capricorno e l'Acquario. Ora, per quanto è di tali segni, essi sono freddi e invernali e per quanto è della figura del diametro, essa è contraria a generare il bene. Alla stella di Giove, che è temperata ed è posta sotto la sfera dell'astro di Saturno, furono attribuiti i segni contigui ai due predetti, il Sagittario e i Pesci, che sono ventosi e fecondi e configurati ai luminari con l'intervallo del trigono, che è figura armonica e benefica. In seguito, alla stella di Marte, la cui natura è prevalentemente disseccante e la cui sfera è posta sotto quella dell'astro di Giove, furono attribuiti i due segni contigui che hanno natura ad essa stella simile, lo Scorpione e l'Ariete, i quali, in conformità alla qualità distruttiva e discorde, formano una distanza di quadratura rispetto ai luminari. Alla stella di Venere, che è temperata e segue l'astro di Marte, furono attribuiti i due segni contigui, la Bilancia e il Toro, i quali sono fecondissimi e che serbano l'accordo proprio dell'intervallo esagonale; d'altro canto questa stella mai si allontana dal Sole di più di due segni in entrambe le direzioni. Alla stella di Mercurio, infine, che mai si allontana dal Sole di più di un segno in entrambe le direzioni e la cui sfera è inferiore a quella delle altre stelle e maggiormente è prossima ad entrambi i luminari, furono attribuiti i due rimanenti segni, che sono contigui ai domicilii dei luminari, i Gemelli e la Vergine.
Dei triangoli
Le ragioni di familiarità dei triangoli sono le seguenti: la figura triangolare ed equilatera è in sé la più armoniosa e lo zodiaco stesso è definito da tre circoli, l'equinoziale e i due tropici, sicché anche le sue dodici parti sono divise in quattro triangoli equilateri. Il primo di essi, definito dall'Ariete, dal Leone e dal Sagittario, si costituisce di tre segni maschili e contiene i domicilii del Sole, della stella di Marte e di Giove. Fu assegnato al Sole e alla stella di Giove, essendo l'astro di Marte contrario alla fazione solare. Di questo trigono, il Sole assume il primo dominio durante il giorno, la stella di Giove durante la notte. Inoltre l'Ariete è prossimo al circolo equinoziale, il Leone al circolo estivo, il Sagittario al circolo invernale. Questo triangolo è essenzialmente boreale, in virtù della partecipazione al dominio della stella di Giove, che è feconda e ventosa, in conformità ai venti che soffiano da settentrione. Ed in forza del domicilio di Marte riceve una commistione del libeccio, sicché è di fatto nordoccidentale, giacché di tali venti è generatore l'astro di Marte, vuoi perché segue la fazione della Luna, vuoi per la femminea natura dei luoghi occidui.
Il secondo triangolo, definito dal Toro, dalla Vergine e dal Capricorno, è costituito da tre segni femminili e conseguentemente fu assegnato alla Luna e a Venere. La Luna predomina quivi la notte, la stella di Venere di giorno. Ora, il Toro è maggiormente prossimo al circolo estivo, la Vergine all'equinoziale, il Capricorno all'invernale. Questo triangolo è essenzialmente meridionale, in forza del dominio della stella di Venere, in quanto di siffatti venti è generatrice per la sua virtù umida e calda. Riceve nondimeno una mistione del subsolano, giacché il Capricorno, domicilio della stella di Saturno, è compreso in esso e pertanto questo triangolo appare di fatto, in contrasto con il primo, sudorientale; invero di siffatti venti è generatrice la stella di Saturno ed è affine ai luoghi dell'oriente per la sua partecipazione alla fazione solare.
Il terzo triangolo, definito dai Gemelli, dalla Bilancia e dall'Acquario, è costituito da tre segni maschili e, mentre la stella di Marte non vi intrattiene relazione alcuna, le stelle di Saturno e di Mercurio vi hanno attinenza in virtù dei loro domicilii. A questi astri è pertanto assegnato il triangolo: ed in conformità alla fazione, l'astro di Saturno vi predomina di giorno, Mercurio la notte. Ora, il dodecatemorio dei Gemelli inclina verso il circolo estivo, quello della Bilancia verso l'equinoziale, quello dell'Acquario verso l'invernale. In forza della stella di Saturno questo triangolo appare di fatto principalmente subsolano, ma per commistione risulta nordorientale, per la fazione della stella di Giove, la quale è familiare a quella di Saturno in virtù del principio diurno.
Il quarto triangolo, definito dal Cancro, dallo Scorpione e dai Pesci, è assunto dall'astro di Marte che solo sussiste e che in esso ha dominio in virtù dello Scorpione, suo domicilio. Partecipano nondimeno al dominio, per la fazione e la femminilità dei segni, la Luna durante la notte, la stella di Venere durante il giorno. Ora il Cancro piega maggiormente verso il circolo estivo, lo Scorpione verso l'invernale, i Pesci verso l'equinoziale. Questo triangolo appare di fatto essenzialmente occidentale per il dominio dell'astro di Marte e della Luna, ma è sudoccidentale per commistione, in virtù del dominio dell'astro di Venere.
Delle elevazioni
Il fondamento delle cosiddette elevazioni degli astri erranti è il seguente: quando il Sole giunge in Ariete compie una transizione verso l'emisfero più elevato e boreale, in Bilancia verso l'emisfero più depresso e australe; fu pertanto convenientemente attribuita al Sole l'elevazione in Ariete, giacché ivi comincia ad accrescere la grandezza del giorno e il potere calorifico della sua natura, mentre la Bilancia fu posta quale sua depressione per le ragioni contrarie. La stella di Saturno, affinché avesse, come nell'ordinamento dei domicilii, una posizione opposta a quella del Sole, assunse per antitesi il segno della Bilancia quale sua elevazione, il segno dell'Ariete quale sua depressione, giacché dove aumenta il calore il freddo scema e dove il calore diminuisce si accresce il freddo. La Luna, dopo essersi unita al Sole nel segno della di lui elevazione, compie la sua prima apparizione e principia ad accrescere la sua luce, quasi si elevasse, nel Toro, che è il primo segno del suo proprio triangolo. E tale segno ebbe dunque quale sua elevazione, mentre lo Scorpione, che ad esso è opposto, è il segno della sua depressione. La stella di Giove, che è produttiva dei venti boreali e fecondi, quando è in Cancro perviene al suo limite boreale ed accresce e perfeziona la sua forza. Questo segno fu pertanto posto come sua elevazione, come sua depressione il Capricorno. La natura della stella di Marte è infuocata e diviene maggiormente ardente soprattutto in Capricorno, giacché ivi è nel punto più australe. Assunse pertanto convenientemente la sua elevazione in Capricorno per antitesi alla stella di Giove, la sua depressione in Cancro. La stella di Venere ha natura umidificante soprattutto allorché è nei Pesci, ove si preannunzia l'avvento dell'umidità primaverile e dove accresce la propria virtù. Nei Pesci fu pertanto posta la sua elevazione, nella Vergine la sua depressione. Al contrario, la stella di Mercurio è alquanto secca e per naturale contrasto nel segno della Vergine, ove la siccità autunnale si preannunzia, questa stella quasi s'innalza e nel segno dei Pesci si deprime." (C. Tolemeo, Tetrabiblos, Libro I, Capitoli 17-19, in G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., pp. 309-310, 319-321, 326-327)
(21) L'ora di nascita ufficiale di Maradona (sulla quale ci si è basati) è molto verosimile. Rettificandola secondo il metodo tolemaico delle "porte di passaggio" (cfr. C. Tolemeo, Tetrabiblos, Libro III, Cap. 3; G. Bezza, M. Fumagalli, Henri Paul, l'autista di Diana, "Linguaggio astrale" n. 110, 1998, pp. 26-47; M. Costantino, Un figlio eccellente di Saturno. Napoleone Buonaparte, la nascita, gli eventi, la vita), il cui risultato le direzioni confermano, la si farebbe posticipare di poco più di 3 minuti, per l'esattezza alle 7h 8m 21s.
(22) Cfr. C. Tolemeo, Almagesto, Libro II, Cap 9; v. anche G. Fabenza (altro pseudonimo di G. Bezza), "La nozione dell'ora temporale e sua importanza in astrologia", "Schema" n. 2, 1986, pp. 104-114; H. G. von Bamburg, "Rudimenti di astronomia di posizione", "Schema" n. 5, 1987, pp. 266-275; id., "La figura di natività", op. cit., pp. 468-489.
(23) "(...) se badiamo alle cause naturali dobbiamo riconoscere che nell'emisfero australe non solo i domicilî, ma le dignità tutte degli astri sono altre che nel nostro emisfero: se i tempi della primavera e delle altre stagioni discordano nei due emisferi, discorderanno tra loro anche i tempi annui dei segni zodiacali che muovono il loro principio dalle stagioni medesime. ( ..) Si noti che il mantenere la medesima ripartizione dei domicilî conduce facilmente l'astrologo a commettere mostruosità astronomiche: quando nell'emisfero Nord è estate, i segni dello zodiaco si comportano nell'emisfero Sud come i corrispondenti segni invernali ovvero ascenderanno in tempi sempre più rapidi, mentre nell'emisfero Nord sorgeranno lenti e tutti i moti non risponderanno al vero. Morin elude questa difficoltà operando vigorose correzioni della differenza ascensionale, violentando così la causa prima dell'assegnazione dei domicilî, la quale risiede (...) nel moto. I segni dello zodiaco non sono simboli arbitrarî, sussistono in virtù dell'illuminazione annua del Sole sulla terra e il processo di questa illuminazione solare ha tempi diversi nei diversi emisferi." (G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., p. 315)
(24) Se in essi l'errore è di poco più di un grado, ciò è solo dovuto a due ragioni: egli sceglie natività per latitudini molto vicine all'Equatore (Pernambuco - l'odierna Recife - = 8° S) e, in entrambi i casi, il grado che sorge è vicino all'equinozio (nella genitura di Gomez all'equinozio d'autunno, in quella di Bandera all'equinozio primaverile) e dunque l'ampiezza del quadrante è necessariamente molto vicina al semiarco equinoziale.
(25) Il tempo siderale delle effemeridi è, propriamente, l'angolo orario (arco del moto diurno espresso in ore) tra il punto gamma e il Medio Cielo relativo a un determinato meridiano (quello di Greenwich, dal 1884) e un preciso istante (12h o 00h). Dopo la necessaria correzione (+ 00m 59s ogni 6 ore) dovuta alla differenza tra giorno siderale e giorno solare, esso deve venire sommato all'ora locale. Quello che risulta è il tempo siderale di nascita.
(26) La questione della latitudine non è di poco conto: basti pensare che gli antichi hanno chiamato maschile e agile la latitudine Nord e femminile e pesante quella Sud. Così, per esempio, quando la Luna nell'emisfero Nord è settentrionale ascendente e si congiunge con la Testa del Drago, in quello Sud è meridionale discendente e si congiunge con la Coda del Drago, e la medesima eclissi di Luna avrà effetti diversi nei due diversi emisferi. Quanto all'importanza della latitudine nella prassi astrologica, val la pena ricordare il consiglio di Gouchon: "prendete delle effemeridi che (...) indichino la latitudine dei pianeti, fattore indispensabile per affrontare seriamente il campo della predizione." (H.-J. Gouchon, Dizionario di astrologia, Armenia, Milano 1986, p. 317). Effettivamente, longitudine e latitudine eclittica sono le due coordinate indispensabili in astrologia. Esse consentono di calcolare tutte le altre.
(27) "Se [la stella che è nella chela boreale dello Scorpione sorge] all'oroscopo [fa] i nativi amanti delle lettere, gli eruditi, gli oratori popolari, ingegnosi, amanti della musica e delle arti, che colgono nel segno, di bell'aspetto, capaci di molte attività, dignitosi, pii, religiosi, atti agli affari, molto conosciuti o coloro che acquistano grazie a relazioni o scambi fortunati oro e argento e altre ricchezze e che conservano il loro nobile sentire anche nelle sventure. Questo, segnatamente, in genitura diurna." (Anonimo dell'anno 379, in G. Bezza, Arcana Mundi, vol. I, op. cit., p. 462)
Naturalmente, il giudizio che riguarda i pianeti nelle costellazioni ha valore universale, nello stesso istante, per entrambi gli emisferi; e per quel che concerne le singole stelle e gli asterismi, nel Sud come nel Nord del mondo, possono avere un'importanza giudicativa solo gli astri visibili a un determinato orizzonte. Principali "mappatori" del cielo australe, tra la fine del 500 e la metà del 700, furono i due navigatori olandesi P. D. Keyser e F. De Houtman, l'astronomo inglese E. Halley e il cartografo francese N.-L. La Caille. Sulle stelle inerranti, v. A. Boudineau, op. cit., pp. 139-148; H. G. von Bamburg, "La figura di natività", op. cit., pp. 485-487; G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., pp. 174-210; G. Bezza, Arcana Mundi, vol. I, op. cit., pp. 421-473; G. Bezza, Le dimore celesti, op. cit., pp. 161-197; G. Ufficiale, "Le stelle fisse", "*Sestile*", nn. 75 (pp. 12-13), 76 (pp. 6-7), 77 (pp. 10-11), 78 (pp. 12-13), 1999. Sulle immagini zodiacali, v. G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., pp. 239-242, 358, 252-253; G. Bezza, Arcana Mundi, vol. I, op. cit., pp. 114-116, 130-135, 421-473; G. Bezza, Le dimore celesti, op. cit., pp. 1-8, 153-197; G. Ufficiale, "Le stelle fisse", "*Sestile*", nn. 75 (pp. 12-13), 76 (pp. 6-7), 77 (pp. 10-11), 78 (pp. 12-13), 1999; G. Bezza, I seminari di Roma, vol. I (1992-1993), Roma 2000, pp. 60-61, 63-64, 71-73, 81, 172-174; M. Fumagalli, op. cit., pp. 14-18, 34-59, 68-69, 73, 469-679.
(28) Nella realtà (prospettica) delle costellazioni, il Sole è all'estremo limite della Vergine, vicino alle stelle nei piedi dell'immagine celeste.
(29) Cfr. la sentenza n. 52: "I signori della genitura degli uomini grandi sono negli apogei e i loro oroscopi negli inizi dei segni [di lunga ascensione], mentre [i signori della genitura] degli uomini piccoli nei perigei e [i loro oroscopi] nei segni di corta ascensione [e nei gradi finali degli stessi]." (Karpos, Pseudo-Ptolemaei Fructus sive Centiloquium, edidit Ae. Boer, editio altera correctior in Cl. Ptolemaei Opera quae extant omnia, III/2, Teubner, Lipsiae 1961, p. 49)
(30) Bisognerebbe farglielo sapere. Dal geniale Maradona ci si può attendere questo ed altro. (Tutte le citazioni sono tratte da G. Bezza, Le dimore celesti, op.cit, pp. 65-66, 70-71.)
(31) Il presente studio mi ha condotto a scartare, come chimerica, l'ipotesi della rivoluzione solare "mirata" che, a suo tempo, avevo considerato anch'io possibile (cfr. J. Fallisi, Compleanno: l'avvenire che ritorna, ne I mille volti della previsione astrologica, Atti del I Convegno Regionale CIDA Lombardia, 16-17 marzo 1996, nota n. 14, poi in "Linguaggio astrale" n. 106, 1997, nota n. 16, pp. 49-50). Essa comporterebbe, infatti, che, scegliendo come luogo della rivoluzione una località situata nell'emisfero opposto a quello di nascita, il compleanno "reale" avverrebbe sei mesi prima o dopo la data stessa della rivoluzione. Assurdità che, da sola, invalida questo metodo globalmente. Riguardo alle direzioni, alle profezioni e alla rivoluzione (sul loro significato e sul loro impiego unitario), v. G. Bezza, Arcana Mundi, vol. II, op. cit., pp. 1013-1062; J. Fallisi, op. cit., poi in "Linguaggio astrale", n. 106, 1997, pp. 33-58; G. Bezza, "La 'profezione'. Come si calcola, come si interpreta", "Linguaggio astrale" n. 104, 1996, pp. 5-24; M. Costantino, R. Riccio, G. Ufficiale, "Della previsione dei tempi futuri secondo gli antichi. Il caso Poggiolini", ibid., pp. 66-85; G. Bezza, I seminari di Roma, vol. I (1992-1993), op. cit., pp. 1-10, 21-22, 85; M. Fumagalli, op. cit., pp. 26, 63-67.
(32) Ancora più semplicemente - e più correttamente -, basta procedere nei calcoli considerando, a tutti gli effetti, come Polo elevato quello Sud. Così, non occorrerà mai invertire nulla (cfr. infra, nota n. 17). Con I Moti del Cielodi Marco Fumagalli (op.cit) è possibile domificare per entrambi gli emisferi, partendo dall'Ascensione Retta del Medio Cielo senza più l'ausilio di nessuna Tavola delle Case (cfr. pp. 29-33, 61-62, 70-73).
(33) L'Equatore (dal lat. mediev. aequator -oris, der. di aequare "uguagliare"; popr. "che rende uguali [i giorni e le notti]") è il circolo massimo ideale, tracciato sulla sfera terrestre, risultante dall'intersezione con essa di un piano condotto per il centro della Terra perpendicolarmente all'asse di questa. I suoi 40.076.594 m. toccano, partendo dal meridiano di Greenwich e andando verso Est, l'oceano Atlantico, il Gabon, il Congo, lo Zaire, l'Uganda, il lago Vittoria, il Kenia, la Somalia, l'oceano Indiano, l'Indonesia, l'oceano Pacifico, l'isola Isabela dell'arcipelago di Colón, l'Ecuador, la Colombia e il Brasile. Gli atlanti non riportano nessuna città esattamente a 00° 00' di latitudine (ad eccezione, secondo Henri Le Corre, di Macapa, in Brasile), ma molte nella zona equatoriale, che si estende sino a 4° Nord e Sud. In effetti, il problema di come debbano essere valutati i segni in relazione al circolo massimo e alla sua fascia (e anche, più in generale, a tutta la zona che dall'Equatore va ai tropici) è, comunque, di estremo interesse e bisognerebbe affrontarlo sulla base di ricerche sul campo e studi specifici, tutti ancora da farsi. L'Equatore, dove le stagioni non esistono più e vi è solo differenza di altezze meridiane e di ombre (nell'estate-primavera dell'emisfero boreale, sul circolo massimo, il Sole culmina verso il Nord e proietta le ombre verso il Sud; nell'autunno-inverno culmina verso il Sud e le ombre inclinano verso il Nord), divide il globo terrestre in due emisferi diametralmente opposti e uguali e "appartiene", allo stesso titolo e "giustamente", a entrambi (a latitudine geografica zero, con traiettoria in linea retta perpendicolare al piano dell'orizzonte, sorgono a Est e tramontano ad Ovest tutte le stelle e l'ampiezza della sfera celeste visibile nelle 24 ore è di 360°). Così, per esempio, il giorno in cui si verifica, nell'emisfero Nord, l'equinozio di primavera e in quello Sud l'equinozio d'autunno, all'Equatore il Sole può considerarsi tanto in Ariete (e dunque sotto il dominio di Marte), quanto in Bilancia (retto quindi da Venere).
(34) Cfr. T. Campanella, Astrologicorum Libri VI, Lugduni 1629, Libro I, Cap. 7, Artic. 3. Sul contributo di Campanella all'astrologia v. C. Cannistrà, "Le opere astrologiche di Tommaso Campanella", "Linguaggio astrale" n. 100, 1995, pp. 44-52.
(35) All'ingresso nel Leone il Sole ha la medesima altezza meridiana che all'ingresso nei Gemelli (vedi tavola 1); ma, procedendo, il Sole nei Gemelli acquista un'altezza meridiana maggiore che nel Leone.
(36) L'altezza meridiana di un segno è uguale a 90 - |phi| + delta. Pertanto un segno passa allo zenit quando delta è uguale a |phi|.
(37) Il Sole, nelle zone temperate, raggiunge un'altezza meridiana maggiore nei Gemelli che nel Leone (v. infra, nota n. 35), ma neppure Campanella ne muta il domicilio...