Rosalba Signorello

Studio su Tychê

Phos 6, Giugno 2003.

PARTE SECONDA
La scelta di Tychê
In virtù di tale coerenza, nulla cambierebbe sia che si scegliesse di invertire o di non invertire nella notte l’ordine dei luminari nel computo del loro intervallo, o se si preferisce, la direzione del lancio a partire dall’orizzonte. Nulla cambierebbe se di Tychê (e Daimôn) si considerasse solo la funzione di limite, misura o confine che dir si voglia; molto cambia invece nel giudizio, quando si passa a considerarne luogo, dispositore, testimonianze. È a questo punto che sorge il problema della scelta: se nella notte i significati di Tychê vanno attribuiti a Tychê tolemaica o a Tychê differenziata, e di seguito a quale polo complementare andranno i significati di Daimôn.
   Sappiamo che gli Arabi si sono espressi assai chiaramente sulla questione, anche se non altrettanto linearmente: a tale proposito dedico loro una parte del capitolo successivo. Invece, per ricercare altre testimonianze rispetto a Tolemeo, prendo in esame l’autore di lingua greca che, più che un trattato come Tolemeo, ci lascia un’Antologia dove si ritrovano anche molti brani provenienti da altre e più antiche fonti: Vettio Valente. Egli non ha una pronunciazione netta sulla questione del calcolo. Infatti mentre non pone dubbi per il calcolo nel giorno (II, 3 K 59,22 - P 58,14), per la notte contempla, a commento di un testo di Petosiride, la possibilità che l’inversione possa applicarsi - anche se poi non ce ne lascia esempi - solo qualora la Luna fosse sopra l’orizzonte (K 154-155). Di tale testo si tratterà nel capitolo La questione dell’hairesis. Ora mi preme passare alla lettura di altri due testi di Valente - il primo sulle fasi della Luna e il secondo sulle definizioni dei nove luoghi - che forniscono interessante materia d’informazione e di riflessione.
   Nel testo sulle fasi lunari (II, 35 K - P II, 36), ad ognuna di esse vengono attribuiti precipui significati ed assimilato un astro, solo ad alcune è assimilato anche un luogo. Noi sappiamo che nel novilunio la Luna non è visibile, la qualità solare copre l’intero cerchio e Tychê e Daimôn sono sempre, nel giorno e nella notte, all’orizzonte orientale. Ciò coincide con il testo «Il novilunio ha significato sulla gloria e sul potere e sulle disposizioni regali ed autorevoli…» dove piena è l’enfasi dei significati solari: ne consegue che ben possa dirsi - parafrasando quanto viene detto più avanti per il plenilunio - che il novilunio “abbia il medesimo colore del segno che sorge”.
   Infatti del plenilunio viene detto «che ha il medesimo colore del segno occiduo» e che «insegna sulla gloria e l’oscurità… su chi vien precipitato dall’alto e chi viene esaltato dal basso…» e ciò corrisponde a quanto si è argomentato sul plenilunio: Tychê e Daimôn sono sempre, nel giorno e nella notte, all’orizzonte occidentale, la Luna è al massimo della sua luce e la qualità lunare copre l’intero cerchio, ma anche che a partire da qui si innesca l’inversione di tendenza che porterà alla sua diminuzione e al suo annullamento.
   Della fase che va dalla diminuzione del disco lunare fino al XXI giorno, Valente dice: «Il primo signore della diminuzione della luce insegna sul venir meno delle sostanze, etc…la sua virtù equivale a quella dell’VIII luogo.» Della fase successiva, la seconda Luna gibbosa: «insegna sugli espatri, su grandi attività, sulla prosperità. Ha la medesima virtù del (luogo del) dio. Giove è signore fino al venticinquesimo giorno della Luna.»
   Tralasciamo qui le altre fasi, in quanto non esplicitano riferimenti ai luoghi, ma da queste quattro menzionate si ricava un andamento che, avendo il suo punto di partenza (novilunio) all’orizzonte orientale, al plenilunio giunge all’orizzonte occidentale e poiché dopo c’è l’assimilazione all’VIII e IX luogo, perviene perciò alla medietà superiore (se ne deduce che ha prima attraversato quella inferiore) e inevitabilmente ritorna al punto di partenza: è questo un percorso che va nel senso dei segni, lo stesso senso che ha il percorso lunare nello zodiaco nonché il senso che Tychê tolemaica mantiene durante tutto il ciclo. Non è superfluo notare come Daimôn copra un percorso speculare e inverso e come ciò si conformi alla sua complementarietà a Tychê.
  Rimanendo su Tychê tolemaica, noto dunque - ed è qui che punto l’attenzione - che si sovrappone perfettamente alle assimilazioni valentiane concernenti la luna durante tutto il ciclo sinodico, ovvero si sovrappone perfettamente all’ apparire lunare per tutte le notti lungo tutto il mese! Ne viene fuori cioé come lancetta d’orologio mensile, così come l’oroscopo è lancetta che segna l’ora del giorno. Infatti, come il Sole nasce all’AS, culmina al MC, tramonta al DS, sprofonda all’IC ogni giorno; Tychê tolemaica è all’AS al novilunio, all’IC al primo quarto, al DS al plenilunio, al MC al secondo quarto ogni mese, e ciò trova supporto in modo probante - in un testo non tolemaico, dove non di sorti si parla ma di fasi lunari!
   Ecco allora che quel “quasi oroscopo lunare” di enunciazione tolemaica, come già ipotizzato nel cap. Significato di Tyche tolemaica, si conferma nel suo senso più chiaro e completo: se è “quasi” oroscopo, sarà perché è “del tutto” “giornoscopo”; se v’è medesimo rapporto con la Luna per distanza e posizione - di quello tra AS e Sole, saranno diversi il ciclo da misurare (mese sinodico, non giorno) e l’unità di misura da utilizzare (giorno, non ora).
   Da qui ne consegue facilmente che l’opzione tolemaica di Tychê come afeta per le nascite notturne pleniluniche sia dovuto al fatto che Tychê al plenilunio cada all’occidente/inizio della notte allineandosi così per luogo, oltre che per derivazione, alla condizione notturna e potendo pertanto assumere, per tale pieno allineamento, virtù afetica.
   Coerentemente a tale logica che vede nell’ambito delle nascite notturne le panseleniche (dopo il passaggio della Sorte all’occidente) trovare nella Sorte un possibile afeta, le diurne o le notturne noviluniche (dopo il passaggio ad oriente del Sole nel primo caso, della Sorte nel secondo) lo possono trovare nell’oroscopo.
   Nell’altro testo dell’Antologia, connesso ai luoghi, si nominano esplicitamente Tychê e Daimôn. Si tratta delle Nove definizioni dei luoghi (II, 5 K 69,12 - P II, 16 67,5), largamente diffuse anche presso altri Autori: «Il dio indica ciò che riguarda il padre, la dea la madre, il buon demone i figli, la buona sorte le nozze, il cattivo demone le malattie, la cattiva sorte le infermità, tychê e l’oroscopo (n.b.: è contato come un’unità costituente il 7° luogo in ordine di elencazione) la vita e l’esistenza, daimôn l’intelletto, il mediocielo le azioni, erôs il desiderio, anankê i nemici. » (Queste ultime due, che portano il numero delle definizioni a undici, sembrano aggiunte da uno scoliaste). Tali denominazioni, escludendo le Sorti di erôs e anankê - superflue in questo ambito - dànno la fig. 5.


                    figura 5

I due luoghi denominati daimôn (agathôs e kakôs) sono nella medietà superiore, laddove è anche presente il luogo del dio, dove si rallegra il Sole, indicatore di ciò che riguarda il padre. I due luoghi denominati tychê (agathê e kakê) sono nella medietà inferiore, laddove è il luogo della dea, si rallegra la Luna e riguardante la madre. È evidente l’assegnazione fatta per generi (maschile, femminile) spartiti dalla linea dell’orizzonte (diurno, notturno). Tychê è all’orizzonte orientale perché, come esplicitato dal testo, insieme all’AS e riferita alla Luna, ha il valore dell’inizio di un intero ciclo. Pertanto possiamo dire che questa figura si fonda sull’assimilazione di Tychê all’orizzonte orientale e che tale valore analogico è ulteriormente estendibile. Ovvero, facendo coincidere Tychê con l’oroscopo, ne consegue l’assimilare all’XI luogo dall’oroscopo (e quindi da Tychê) il concetto di agathôs daimon: qui infatti, secondo la domificazione fondata sul moto delle ore, Giove - benefico diurno - si rallegra, e vi si rallegra perché luogo diurno configurato armonicamente per esagono con i luoghi del dio e dell’oroscopo (o di Tychê al novilunio), per trigono con i luoghi della dea e dell’occaso (o di Tychê al plenilunio); al XII il concetto di kakôs daimon: qui Saturno - malefico diurno - si rallegra perché luogo diurno configurato disarmonicamente con i luoghi del dio e della dea, cadente e disgiunto dall’oroscopo (o da Tychê al novilunio), solo disgiunto dall’occaso (o da Tychê al plenilunio); al V il concetto di agathê tychê: qui Venere - benefico notturno - si rallegra perché luogo notturno configurato armonicamente per trigono con i luoghi del dio e dell’oroscopo (o di Tychê al novilunio), per esagono con i luoghi della dea e dell’occaso (o di Tychê al plenilunio); al VI il concetto di kakê tychê: qui Marte - malefico notturno - si rallegra perché luogo notturno configurato disarmonicamente con i luoghi del dio e della dea, cadente e disgiunto dall’occaso (o da Tychê al plenilunio), solo disgiunto dall’oroscopo (o da Tychê al novilunio).
   Si noti come agathôs daimôn sia, tra le sue configurazioni armoniche, meglio configurato ai luoghi femminili e all’occidente; agathê tychê ai luoghi maschili e all’oriente; così kakôs daimôn ha la condizione peggiore rispetto all’angolo orientale, kakê tychê rispetto all’angolo occidentale. Ciò fa intravedere la complessità del concetto di hairesis, che qui è al meglio nel rapporto concorde con la condizione alternativa; al peggio nel rapporto discorde con la condizione medesima. Inserendo nel ciclo sinodico le denominazioni dei luoghi citati nel testo sulle fasi lunari( NL, PL, diminuzione della luce e seconda gibbosa) otteniamo la fig. 6.

figura 6

In ogni genitura che veda, ad esempio, la Luna nella fase della seconda gibbosa (4), Tychê sarà nel luogo del dio, in quanto lì cade il limite dovuto a questa fase lunare a prescindere dall’ora di natività. Questa figura ha dunque - rispetto alla precedente - sempre un valore analogico, ma più circoscritto al caso particolare.
   La possibilità che nella notte tale limite venga a chiamarsi Daimôn, può presupporre solo due cose: o un percorso di Tychê che nella notte, pur partendo dall’orizzonte orientale, vada poi in senso inverso (ma secondo quale logica?) o un percorso che pur mantenendo lo stesso senso del giorno nella notte, prenda come punto di partenza per la misurazione non già il Sole ma la Luna. Delle due ipotesi solo la seconda può avere una giustificazione teorica, e precisamente nello stesso concetto che fa sì che il calcolo delle sorti “muti” nella notte: ma qual è il criterio che regola l’inversione dei fattori per le sorti, visto che per alcune non “muta”? A questo cercherò di dare una risposta nel cap. Sole, Luna, Oroscopo.

Qui proseguo notando come, a fronte delle fig. 5 e 6, le ipotesi sul valore analogico generale e particolare delle definizioni agathê/kakê tychê, agathôs/kakôs daimôn in relazione all’AS e a Tychê, trovino supporto nel testo di Valente (II, 17 K 79,21 - P II, 18 76,15): «Tychê ha la dynamis stessa dell’oroscopo e della vita e il decimo luogo da esso del culmine e della gloria, ed è per questo che i suoi lati quadrati hanno virtù analoga ai quadrati dell’oroscopo, e i rimanenti dei 12 luoghi ai 12 luoghi che si sviluppano dall’oroscopo» e ancora: «alcuni ritengono, mystikôs, che l’oroscopo abbia valore universale e i suoi quadrati siano angoli cosmici, mentre tychê e i suoi quadrati siano angoli genetliaci.» Dal che si deduce facilmente che se l’XI luogo è agathôs daimôn, tanto più lo è, rispetto alla fortuna del nativo, l’XI luogo da Tychê (luogo accomplitivo)! Provando poi a trasporre su cerchio il testo integrale di Valente sulle fasi lunari, si ricava la fig. 7.

figura 7

Dalle due opposte sizigie, si dipartono i giorni di Luna Crescente e i giorni di Luna Calante: ad un andamento regolare nella fase di crescita (dal novilunio all’8° giorno l’infanzia della Luna è retta da Mercurio, poi la giovinezza da Venere, l’approssimarsi della maggiore età dal Sole) succede un rallentamento nel periodo tra il plenilunio e la seconda quadratura (l’età pienamente adulta di Marte e la maturità di Giove) come se ci fosse un permanere, più che un veloce succedersi. Poi, dal secondo quarto al novilunio quasi una caduta (la vecchiaia, retta da Saturno).
   Non ha ciò un’assonanza con la concezione indiana, riportata da al-Bîrûnî, sulla lunazione? Dal novilunio al plenilunio una produzione di “presenze angeliche” in abbondanza e quantità, in eccesso; dal plenilunio al novilunio non più: quelle prodotte in eccesso riempiono lo spazio di tempo rimasto alla Luna per unirsi al Sole. Se accettiamo l’analogia del percorso di Tychê con le “presenze angeliche” avremo una manifestazione, sotto l’orizzonte, di codeste presenze angeliche nel loro prodursi, sopra l’orizzonte nel loro maturare e poi estinguersi.
   In Luna Crescente una moltiplicazione dell’unità in germi, o inizi differenziati, di vita e quindi periodo di tempo atto alla ricezione di questi germi; allora alla notte, alla Luna, a Tychê sotto l’orizzonte, conviene la generazione (funzione fisica).
Dopo la massima differenziazione, ovvero dopo la contrapposizione del plenilunio, la “crisis”, la repulsione necessaria al “capovolgimento”.
  Quindi in Luna Calante i germi permangono, ergo prendono coscienza del loro essere e quindi alla moltiplicazione dell’unità segue la coscienza dell’individualità; allora al giorno, al Sole, a Tychê sopra l’orizzonte, conviene la consapevolezza (funzione spirituale).
  Poi, la dissoluzione e il ritorno all’indifferenziazione e all’unità: ri-unione tra Luna e Sole.
Si nota altresì che là dove si situerebbe agathê tychê c’è la giovinezza ancora in divenire della Luna, là dove andrebbe a porsi kakê tychê c’è l’approssimarsi della sua massima luminosità (e quindi l’equipararsi al Sole, destinato al rovesciamento); là dove sarebbe agathôs daimôn c’è il suo precipitare (e quindi il netto rivalersi della qualità solare), là dove inciderebbe kakôs daimôn c’è il suo declino.
  Si comprende pertanto come le definizioni di agathê tychê e di kakôs daimôn siano date dal punto di vista dell’astro notturno e quelle di kakê tychê e di agathôs daimôn dal punto di vista dell’astro diurno! La cosa migliore per la Luna è dunque quando cresce ma non è immediatamente prossima al plenilunio (tutto si accresce e si moltiplica), la cosa peggiore quando tramonta; la cosa migliore per il Sole è quando la Luna è in calo ma non già scomparsa (ciò che è pervenuto permane), la cosa peggiore quando la Luna sta per porglisi di fronte.
  In ogni caso nei due “buoni luoghi” ci sono le condizioni ottimali per la vita: sotto con più favore per quella di attinenza lunare, la vita materiale e gli istinti, in quanto l’Umidità prevale ma senza affogare del tutto il principio calorifico; sopra con più favore per la vita di attinenza solare ovvero la vita spirituale e gli intenti, e questo proprio perché il Calore prevale sull’Umidità pur senza disseccarla totalmente. Infatti se al novilunio c’è, ad es., la melancolia data dal venir meno delle qualità istintuali, al plenilunio c’è l’epilessia o comunque disturbi a carattere violento, dati dal venir meno delle qualità razionali. E questo esempio valga anche a ribadire come, quando si parla di Calore e Umidità, si vogliano intendere le pertinenze solari e le pertinenze lunari nel loro complesso.
  A queste considerazioni se ne aggiunge un’ultima: abbiamo visto come Tychê sia lo stato della lunazione nel mese come l’oroscopo è lo stato della luce solare nel giorno, e come abbia con la Luna lo stesso rapporto di direzione e distanza che ha l’oroscopo col Sole.
  Vediamo anche che al NL e al PL è insieme a Daimôn ( e quando sono all’oroscopo - sorgere solare - la Luna è in fase invisibile, incorporea; quando sono all’occaso - occultazione solare - la Luna è in fase evidente, corporea).
Dunque è perfettamente coerente a ciò il fatto che dal NL al PL Tychê vada verso l’occaso - inizio della notte - e la qualità lunare man mano si accresca, Daimôn vada verso l’occaso e la qualità solare altrettanto coerentemente decresca (così come dal PL al NL Tychê vada verso l’oroscopo - inizio del giorno - e la qualità lunare decresca, Daimôn vada verso l’oroscopo e la qualità solare si accresca).
   Si può allora dedurre che, se Tychê è lo stato della lunazione dal punto di vista dell’astro notturno e pertanto è detta sorte lunare, Daimôn lo è dal punto di vista dell’astro diurno ed è corrispondentemente detta sorte solare. Infatti il ciclo sinodico dettato dalla Luna, a differenza del ciclo diurno che vede come solo attore il Sole, di attori ne vede due dato che la Luna non può essere senza il Sole, ovvero dal Sole è condizionato il suo apparire ai nostri sensi. Ciò che piuttosto la fa diversa dai cinque astri erranti è il disco così grande che la rende un piccolo sole nella notte e quindi le dà il suo ruolo di luminare notturno, nonché il suo moto così veloce che fa dei suoi sinodi col Sole dei momenti così cruciali nella scansione quantitativa e qualitativa dei tempi.
   E ciò prelude alle riflessioni necessarie sull’hairesis del prossimo capitolo.