Placido Titi, Coelestis Philosophia 1,14

Del moto locale delle stelle e delle passioni che ad esso conseguono.

traduzione di Giuseppe Bezza (Schema 2, 1986)


  Come già dissi nel primo capitolo, il moto locale delle stelle non può, di per sè, essere causa di alcun effetto nelle cose sublunari, in quanto non è produttivo di alcuna qualità (1). Si potrebbe nondimeno chiamarlo causa o, meglio, condizione necessaria a produrre le passioni degli astri, quali le ho enumerate nel secondo capitolo seguendo Aristotele e che sono: l'accedere, il recedere, l'esser vicino, l'esser lontano; il principio la continuità, l'aumento, la diminuzione e il venir meno della luce (2). Mi propongo pertanto, in questo capitolo, di esaminare quali sono gli effetti connaturati di queste passioni.

  Prima conclusio. In generale, l'azione derivante da queste passioni della luce è conforme a queste passioni medesime, come dissi nel cap. VII, sicché dall'accedere e dal recedere segue l'accedere e il recedere dell'azione; dall'esser vicino e dall'esser lontano la vicinanza e la lontananza dell'azione; dal principio il cominciamento dell'azione, dalla continuità la continuità, dall'aumento l'aumento ecc.
  Da questa conclusione è manifesto fino a qual punto l'azione proceda dagli astri, in quanto virtù in essi immanente; infatti la virtù attiva delle stelle, che sempre è immanente agli astri medesimi, segue le loro singole passioni e il loro modo essenziale, come dissi altrove; invero sarebbe contraddittorio che la virtù, la quale è immanente agli astri abbia in sè qualità diverse dagli astri medesimi. E per quanto riguarda l'azione che viene assunta mediante il moto (di cui si è detto nel cap. IV), è manifesto che essa altro non è che la virtù stessa degli astri, ma unitamente al modo essenziale e al modo di recepire del soggetto suscettibile di ricevere: ergo ogni azione, anche nel soggetto suscettibile di ricevere, segue sempre: primo , il modo essenziale della causa medesima; secundo : il modo essenziale e il modo ricettivo del soggetto passibile medesimo.
  Occorre tuttavia considerare che l'accedere e il recedere degli astri, il loro essere vicini e lontani, in due modi suole prodursi: primo : in forza dell'inclinazione dello zodiaco (e ciò è ricordato da Aristotele in un passo sovente citato): infatti gli astri, quando accedono dalle parti dello zodiaco che, rispetto al nostro vertice, sono le più remote, alle parti a noi più prossime, si fanno più vicini; al contrario, quando recedono dalle parti più prossime verso le parti più remote si fanno a noi lontani. Secundo : in forza dell'eccentrico e dell'epiciclo: infatti, discendendo dai luoghi superiori, che son chiamati apogei, a quelli inferiori, che son chiamati perigei, accedono a noi e divengono vicini; al contrario, quando, muovendo dai luoghi inferiori accedono ai luoghi superiori, recedono e divengono rispetto a noi lontani.

  Secunda conclusio. Dall'accesso e dalla prossimità delle stelle proviene un incremento della luce per dilatazione (secundum extensionem ). Questa conclusione è di per sè palese: gli astri infatti, allorché accedono, discendendo dagli apogei, appaiono sempre maggiori; inoltre allorché provengono dalle parti più remote dello zodiaco e accedono a noi, risplendono sempre più a lungo sopra la terra, giacché acquisiscono vieppiù un maggiore arco diurno. Al contrario, per la medesima ragione, quando essi recedono segue la diminuzione. Questa conclusione è d'altro canto manifesta da quanto esposto al cap. IV.

  Tertia conclusio. Dall'incremento della luce per dilatazione proviene una maggiore intensità della luce in ordine successivo. Ciò è manifesto: primo : per esperienza: vediamo infatti che la Luna genera una luce più intensa nel plenilunio che non nei pressi del novilunio. Secundo per deduzione: infatti, da una maggior vicinanza si propaga una luce più intensa, come è d'altronde noto dalla questione della sfera di attività (3). Tertio: da una più prolungata illuminazione deriva un effetto più intenso, siccome i calori più intensi avvengono in estate, quando il Sole permane più a lungo sopra la Terra ed illumina il nostro emisfero per un tempo maggiore, ovvero con un arco diurno maggiore che non durante l'inverno.

  Quarta conclusio. Dall'incremento della luce secondo dilatazione segue un aumento dell'umidità, sicché possiamo dire che l'aumento della luce per dilatazione è causa dell'umidità (4). Probatur in particolare da quanto detto al cap. XII: la luce, infatti, fino a quando si dilata, produce umidità; ergo , finché aumenta per dilatazione aumenta l'umidità. Secundo da quanto dichiara Tolomeo, libr. I, cap. quid valeant configurationes erga Solem (1,8), ove afferma che la Luna, dopo la congiunzione con il Sole e fino al primo quarto genera massimamente l'umidità, dal primo quarto il calore, dal plenilunio il secco, dall'ultimo quarto il freddo. La medesima cosa dichiara per i tre pianeti superiori. Ora queste cose devono essere intese in modo tale che si produca sempre l'unione di due qualità, ma che nondimeno prevalga una sola qualità, ovvero quella stessa che è dichiarata - per questo aggiunge l'avverbio: in più alto grado (maxime, mallon). Generano infatti umidità per tutto il semicircolo che va dalla congiunzione con il Sole fino all'opposizione ad esso; quindi nel semicircolo rimanente, fino alla congiunzione, generano il secco. Ora, dalla congiunzione con il Sole fino all'opposizione aumentano la luce per dilatazione, ciò che alla nostra vista è manifesto soprattutto riguardo alla Luna e, in misura minore, anche riguardo agli altri astri erranti: quando infatti scendono dall'apogeo dell'epiciclo fino al perigeo ci appaiono sempre maggiori in quanto ad estensione, giacché a noi sempre più vicini; al contrario, quando ascendono sono vieppiù lontani; ergo , dall'aumento della luce per dilatazione segue l'aumento dell'umidità.
  In seguito Tolomeo dichiara, libr. I, cap. de anni temporibus (1,10), che la primavera ha in maggior parte umidità, l'estate calore, l'autunno secco, l'inverno freddo. Si deve intendere che in questi singoli tempi vi è l'unione di due qualità e tuttavia una sola prevale, ovvero quella che egli indica. In altri termini, il semicircolo che va dal punto del solstizio invernale fino al punto del solstizio estivo produce umidità, l'altro semicircolo il secco; ma nel primo semicircolo la luce dei giorni aumenta per dilatazione, imperocché aumenta la quantità dei giorni, ergo l'incremento della luce per dilatazione è causa dell'umidità.

  Quinta conclusio. Dalla maggiore intensità della luce proviene un maggiore calore. Primo : ciò è manifesto da quanto dichiarato nel cap. XII; secundo: in virtù dell'esperienza nella coadunazione dei raggi e dei tempi dell'anno: infatti in estate, quando il Sole comunica a noi più intensamente la sua luce, sia in virtù della sua altezza o vicinanza allo zenith, sia in virtù di una più prolungata illuminazione diurna, noi proviamo un maggior calore. Questa conclusione non può essere ricusata: essa è di per sè evidente, non solo riguardo alla luce delle stelle, ma anche riguardo al bagliore del fuoco.
  Allo stesso modo possiamo dedurre da ciò che è contrario conclusioni contrarie, giacché le cause contrarie producono ciò che è contrario, come sovente dichiara Aristotele, segnatamente in questo argomento, ove discute delle cause della perpetuità del nascere e del morire delle cose. Ne consegue che dal recedere e dall'essere lontano proviene il diminuire della luce etc. e dalla diminuzione della luce per dilatazione segue il secco, dalla diminuzione della luce per intensità il freddo.
  Tutto cio è confermato dall'autorità di Aristotele, in particolare nel cap. 2 generat. text. 56 , ove il filosofo indaga le cause della perpetuità del nascere e del morire delle cose. Ora egli, primo : presuppone dimostrato che la generazione e la corruzione delle cose sia continua; secundo : che la causa di ciò è il moto. Tertio : che un solo moto non è sufficiente, giacché gli effetti, ovvero il sorgere e il morire, sono contrari, mentre ciò che è medesimo ed uguale a sè, produce sempre la medesima cosa, onde da un solo moto seguirebbe sempre o la sola generazione o la sola corruzione: "Occorre pertanto che i moti siano molteplici e contrari - o contrari in quanto al moto o contrari in quanto all'irregolarità (di uno dei due) - giacché gli effetti opposti hanno opposte cause. Non è quindi il primo moto causa della generazione e della corruzione, ma il moto che si produce secondo il circolo obliquo" (gen.corr. 2,10; 336a).
  Ora, il primo moto è il moto del primum mobile , mediante il quale tutti gli astri sono portati dal sorgere al tramonto etc., ed esso non è in verità causa del sorgere e del morire delle cose che avvengono nel corso dell'anno (e delle quali parla nel luogo citato il filosofo), ma di quelle cose che avvengono nel corso del giorno. Invero, causa del nascere e del morire delle cose nel corso dell'anno è il moto secondo il circolo obliquo, che è lo zodiaco: "Nella rivoluzione del circolo obliquo vi è al contempo continuità del moto e la presenza di due moti" (ibid. ); ma non vi è dubbio che anche nel corso del giorno vi è la presenza di due moti, ovvero l'accedere e il recedere, l'essere vicino e l'essere lontano, e ciò il filosofo non ha considerato nella sua inquisizione sulle cause della generazione e della corruzione nel corso dell'anno, in quanto non inerenti al suo argomento. In seguito dichiara: "In effetti è necessario, affinché vi sia indefinitamente e incessantemente generazione e corruzione, che sempre qualcosa sia mosso, affinché questi mutamenti non vengano mai meno" (ibid. ). Queste proposizioni sono correlative: se infatti continuo è l'effetto ne consegue che continua è anche la causa, e se continua è la causa, che anche l'effetto è continuo; se nondimeno la causa è necessaria "occorrono due moti, affinché non si produca uno solo dei due effetti" (op. cit 336b ). Avendo già dichiarato la necessità del duplice moto, espone in seguito quali siano questi moti: "Causa della continuità è la rivoluzione del tutto"; la causa continua produce un effetto continuo, ora la rivoluzione (latio ) è continua, ergo produce effetto continuo: "Causa dell'accedere e del recedere è l'inclinazione", ovvero l'obliquità dello zodiaco è causa dell'accessus e del recessus degli astri: accade infatti che ora è lontano, ora è vicino, giacché delle parti dello zodiaco alcune sono vicine, altre lontane, altre ancora intermedie: "Ma se la distanza è disuguale, irregolare è il moto" e ciò è manifesto ex Theoricis secundorum Mobilium (5). "In modo che se la causa della generazione fa nascere le cose e gli esseri avvicinandosi ed essendo presente, questa medesima causa fa perire le cose e gli esseri allontanandosi e assentandosi". Dichiara ora quali sono i due moti che aveva detto essere necessari alla generazione e alla corruzione delle cose: essi sono l'accesso e il recesso; l'essere lontano e l'essere vicino; di questi, causa della generazione è l'accesso e l'essere vicino, causa della corruzione il recesso e l'essere lontano (6). Poco oltre afferma che ciò è palese agli stessi sensi: "Inoltre anche i fenomeni sensibili sono conformi ai nostri ragionamenti: osserviamo infatti che, approssimandosi il Sole, vi è generazione, allontanandosi, deperimento". E affinché nessuno possa contestare che ciò non proceda da questi moti e da queste passioni della luce, ma da influenze occulte (delle quali abbiamo detto al cap. I che non possono essere il mezzo di azione delle stelle), dimostra che ciò procede dal tempo: e queste due fasi hanno la medesima durata; infatti in primavera e in estate sempre vi è generazione, in autunno e in inverno corruzione, sicché non possiamo affermare che vi é altra causa della generazione e della corruzione al di fuori di questa rivoluzione, che sempre, in determinati tempi, produce generazione e deperimento. Da parte mia, così stando le cose, traggo la seguente proposizione minore, ovvero che ogni generazione richiede l'umidità e il calore e che pertanto Aristotele stimò che dall'accedere e dall'essere vicino si genera l'umidità e il calore; dal recedere e dall'essere lontano il secco e il freddo (7). In effetti la generazione delle cose proviene dall'umido e dal caldo, il deperimento dal freddo e dal secco, come insegna sovente il filosofo nelle sue opere, in particolare de long. et brev. vitae, de respiratione, de animalibus e altrove. Da ciò consegue, come intende Aristotele, che l'accedere e la vicinanza delle stelle è causa dell'umidità e del calore; il recedere e la lontananza del secco e del freddo.
  Da quanto detto risulta che vi sono quattro coniugazioni del modo di influire delle stelle, secondo le quattro coniugazioni del modo di illuminazione: nell'aumento della luce loro e nell'essere vicine; nell'essere vicine e nella diminuzione della luce; nella diminuzione della luce e nell'essere lontane; nell'essere lontane e nell'aumento della luce. Mediante queste coniugazioni si costituiscono i quattro quadranti del mondo, che sono parti del giorno: dall'oriente al mezzogiorno, dal mezzogiorno al tramonto, dal tramonto alla culminazione inferiore, da qui all'oriente. Si costituiscono altresì i quattro quadranti dello zodiaco e dei tempi dell'anno: dall'Ariete al Cancro, dal Cancro alla Bilancia, dalla Bilancia al Capricorno, dal Capricorno all'Ariete. Da questi quadranti e dalle loro coniugazioni del modo di illuminazione derivano le quattro coniugazioni delle qualità dei quattro tempi dell'anno e del giorno.
  Vi sono infine quattro stati dei sei astri erranti rispetto al Sole: dalla prima stazione al perigeo dell'epiciclo; dal perigeo alla seconda stazione; dalla seconda stazione all'apogeo dell'epiciclo; dall'apogeo alla prima stazione; per quanto riguarda la Luna la dicotomia (primo ed ultimo quarto) ha la funzione di stazione. Nondimeno questi quattro stati dei sei astri erranti, in quanto si producono nei singoli astri ed in ciascuno di essi separatamente, in ragione della diversità della luce di ciascuno di loro e della diversità del loro epiciclo (orbis parvus ), non costituiscono familiarità tra gli astri, come per esempio gli altri due modi di illuminazione nello zodiaco e nel mondo, ma sono esclusivamente attinenti alla modificazione della natura di ciascun astro e di questo argomento tratta Tolomeo libr. I cap. quid valeant configurationes erga Solem (1,8). Al contrario, i due modi di illuminazione nello zodiaco e nel mondo costituiscono familiarità efficaci fra tutte le stelle.
  In ciò consiste la ragione per cui Tolomeo reputa i tre pianeti superiori più forti se mattutini al Sole, i tre inferiori se vespertini; in queste loro condizioni, infatti, discendono dall'apogeo dell'epiciclo e pertanto aumentano la loro luce e si fanno vieppiù vicini; al contrario i pianeti superiori quando sono vespertini e i pianeti inferiori quando sono mattutini scemano la loro luce e si fanno vieppiù lontani, giacché ascendono dal perigeo verso l'apogeo dell'epiciclo. E' dunque evidente quanto siano convenienti ed appropriati i principi da me posti, e come corrispondano armoniosamente l'un l'altro sia rispetto all'argomento medesimo che alla dottrina di Tolomeo e di Aristotele.
  Decadano quindi le futili ragioni di molti autori, prive di alcun fondamento: si suole dire che i pianeti superiori hanno grande forza se sono mattutini, in quanto splendono prima del sorgere del Sole; gli inferiori se sono vespertini, in quanto splendono dopo il tramonto. Ma di grazia, qual è la ragione? A me senza dubbio pare, non dico esile, ma affatto assente, vana, inane.

  Sexta conclusio. Le stelle cominciano a far affluire le quattro qualità prime dai punti cardinali del mondo e dello zodiaco: dal tropico invernale l'umido, dall'equinozio vernale il caldo, dal tropico estivo il secco, dall'equinozio autunnale il freddo. Allo stesso modo l'umido dalla culminazione inferiore, il caldo dall'oriente, il secco dal culmine del cielo, il freddo dal tramonto. Probatur ex dictis. L'umido infatti proviene dall'aumento della luce, il caldo dalla vicinanza, il secco dalla diminuzione della luce, il freddo dalla lontananza; ergo gli astri iniziano queste passioni a partire dai punti dai quali hanno principio questi loro medesimi effetti: dalla culminazione inferiore e dal Capricorno accedono a noi, dal culmine del cielo e dal Cancro recedono; dall'oriente e dall'Ariete fino al tramonto e alla Bilancia sono vicini; dal tramonto e dalla Bilancia fino all'oriente e all'Ariete sono lontani, ergo etc.
  Contro questa conclusione si erge un valido argomento. Se Saturno è per natura freddo e secco non può produrre, in qualunque luogo si trovi, il caldo e l'umido, né Marte, essendo caldo e secco, non può in nessun luogo generare il freddo e l'umido. Allo stesso modo gli altri pianeti non possono generare qualità a loro contrarie, giacché ogni pianeta ha una sua natura propria ed assoluta, mediante la quale agisce sempre in qualsivoglia luogo. Non agiscono infatti le stelle secondo la natura del luogo o del modo dell'influsso e dell'illuminazione, di cui è stato detto. Respondeo primo che questo argomento si pone contro la dottrina di Tolomeo sopra ricordata ex libr. I cap. quid valeant configurationes erga Solem (1,8). Infatti ogni pianeta muta la sua natura a seconda della sua posizione verso il Sole: in tal modo Saturno può generare il caldo e l'umido; Marte l'umido e il freddo etc. Secundo apparre contrario all'esposizione ricordata di Aristotele, che ritiene che le generazioni e le corruzioni delle cose provengono dall'accesso e dal recesso, dalla vicinanza e dalla lontananza delle stelle: sovente infatti espone come le generazioni delle cose provengono dall'umido e dal caldo, le corruzioni dal freddo e dal secco. Tertio si pone contrario ad un'esperienza evidentissima, che portano a testimonianza i medesimi maestri di cui sopra: il Sole, invero, è sì caldo e secco; nondimeno in alcuni luoghi del mondo e dello zodiaco produce anche il freddo e l'umido; allo stesso modo la Luna è umida e fredda, nondimeno Galeno e Tolomeo dichiarano che nei pressi del plenilunio riscalda, mentre diminuendo la sua luce dissecca. Quarto tutte le stelle producono le quattro prime qualità con la differenza che le stelle di natura benigna producono qualità benigne e feconde, le stelle malefiche e sterili producono qualità malefiche e distruttive. Molti infatti sono i generi delle prime qualità, come è stato dichiarato nel cap. VIII, ove è stato dimostrato che alcune sono feconde, alcune vitali, alcune proprie dei corpi misti, alcune malefiche, ed esiziali, alcune dei corpi elementari etc. (8). Quinto affermo infine che la medesima stella influisce in un dato modo in virtù del suo percorso lungo lo zodiaco, in un altro ancora in virtù del suo moto circolare rispetto al mondo.
  Affinché queste cose siano ben comprese, occorre sapere che il Sole influisce sulle cose inferiori mediante due moti: il percorso lungo lo zodiaco e il moto orario rispetto al mondo; ma le altre stelle influiscono mediante tre moti: il percorso lungo lo zodiaco, il loro moto rispetto al Sole, il moto orario rispetto al mondo. Invero i medici stabiliscono un triplice mese lunare (9): sinodico, siderale ed apparente e ritengono che la Luna influisce in diverse maniere sulle cose inferiori in questi tre mesi. E certo il mese apparente non è dissimile dal mese sinodico, giacché la Luna agisce anche quando si cela sotto i raggi del Sole, come appare nei punti del novilunio, ove commuove energicamente ogni corpo elementare a sè inferiore, sia misto, sia semplice.
  Occorre inoltre sapere che ogni diversità degli astri implica una diversità di effetti. Ciò è stato dichiarato prima e può dedursi dai principi esposti al cap. VIII, giacché il modo dell'azione è conforme al modo di essere e se diversi sono i modi dell'essere, necessariamente diversi saranno gli effetti. Non è infatti possibile che un particolare effetto abbia più cause, diverse per natura. E quantunque alla perfezione di un medesimo effetto concorrano più cause, come ad es. tutte le stelle alla generazione dell'uomo, ogni stella ha nondimeno un suo peculiare e parziale effetto nello stesso uomo, l'Ariete riguardo al capo, il Sole al calore vitale, etc. Ergo ogni moto delle stelle ha un suo proprio effetto; quali essi siano lo esporrò in seguito; ora conviene che io segua l'ordine proposto.

  Septima conclusio. A partire da questi punti gli astri protendono queste qualità in modo ininterrotto e progredendo sempre successivamente fino al limite opposto; come ad es. dalla culminazione inferiore e dal Capricorno alla culminazione e al Cancro protendono l'umido; dall'oriente e dall'Ariete al tramonto e alla Bilancia protendono il caldo, etc.
  Ciò è manifesto da quanto detto e dalle stesse passioni luminose, in quanto queste passioni avvengono in modo successivo e si propagano sempre più innanzi, e lanciandosi sempre più oltre, passo dopo passo, generano sempre gradi più estremi delle qualità. Laonde la continuità del modo dell'influsso è la causa della continuità dell'effetto. Ciò è indicato da Aristotele in un passo citato più sopra: "Causa della continuità è la rivoluzione del tutto", ergo la rivoluzione, che è continua e sempre succede a se stessa, è causa della continuità dell'effetto. D'altro canto le qualità si protendono in forza della continuità dell'influsso.
  Da ciò consegue, secondo la dottrina di Tolomeo, che nelle singole coniugazioni una sola qualità domina e si fa più intensa. Infatti se le stelle principiano e protendono l'umido dal culmine inferiore e dal Capricorno fino al culmine del cielo e al Cancro, se principiano e protendono il caldo dall'oriente e dall'Ariete fino al tramonto e alla Bilancia, ne consegue necessariamente che nei quadranti compresi tra l'oriente e l'Ariete fino al culmine del cielo e il Cancro l'umidità apparirà più intensa del caldo; allo stesso modo nel quadrante tra il culmine e il tramonto, o tra il Cancro e la Bilancia, più intenso appare il caldo che il secco etc. Ragione è che la qualità più intensa senza alcun dubbio è quella che ha avuto precedentemente inizio, non quella insorta dopo, in quanto la qualità tende sempre a gradi più estremi e più intensi etc.

  Octava conclusio. A partire da questi punti gli astri, mentre protendono gradualmente una qualità, scemano successivamente l'altra qualità alla prima contraria; mentre, ad es., protendono l'umido, scemano il secco, etc.; per la cui comprensione occorre considerare: Primo secondo la comune opinione dei filosofi, dalle quattro prime qualità provengono due coniugazioni contrarie - il caldo è contrario al freddo, l'umido al secco - e queste contrarietà sono positive, in quanto provengono da contrari positivi. Secundo non possono per natura due qualità contrarie trovarsi insieme nel medesimo soggetto, essendo intense al sommo grado, giacché l'estremo calore espelle ogni grado di freddo, il freddo estremo ogni grado di calore etc. Tertio non può sussistere nel medesimo soggetto alcuna qualità prima in debole grado, se non è presente la qualità contraria nella proporzione complementare della qualità più debole; non possono ad esempio esservi sei gradi di calore in un dato soggetto, se non sono ivi presenti due gradi di freddo; invero ogni diminuzione di una qualità prima richiede la presenza della qualità contraria.
  L'ottava conclusione è pertanto comprovata da quanto detto, quantunque dimostrata a posteriori, ovvero dall'effetto, primo: allorché gli astri protendono una qualità, è necessario che scemino la qualità contraria. Secundo: è comprovata da quanto detto del modo dell'illuminazione, ed è dimostrazione a priori: se infatti gli astri, aumentando la luce, protendono l'umido, ne consegue necessariamente che, allorché scemano la luce, diminuiscano l'umido; e se nello scemare della luce protendono il secco, lo diminuiscono necessariamente aumentando la luce. E questo in relazioni ai principii contrari: ergo , mentre aumentano una qualità, diminuiscono quella contraria.
  Ne consegue inoltre: primo: che l'influsso degli astri si fonda sul moto e l'irraggiamento, non sulla quantità dello spazio del cielo, né sui luoghi. I raggi delle stelle sono efficaci in virtù delle distanze assunte non secondo la misura dello spazio celeste, ma secondo la quantità del moto e dell'illuminazione, come è stato sovente dichiarato altrove. Secundo: si può dedurre per quale motivo le stelle site in case cadenti hanno deboli forze, più robuste nelle case succedenti, possenti nelle cuspidi degli angoli. Tertio: che le stelle che hanno moto veloce celermente agiscono e che il loro effetto non è duraturo; al contrario: che le stelle che hanno moto tardo portano tardi a compimento la loro azione, che nondimeno a lungo perdura. Quarto: che le stelle, allorché hanno moto diretto, protendono le qualità e gli effetti; le diminuiscono invece quando il loro moto è retrogrado. Quinto: diviene palese perché alcuni segni sono mobili, altri fissi, altri comuni; quelli, infatti, ove gli astri principiano un nuovo modo di illuminazione, sono mobili; quelli, ove proseguono ininterrottamente e più a lungo il modo dell'illuminare, sono fissi, fissi in quanto stabiliscono la natura di quel quadrante secondo le loro qualità; quelli infine, ove subito appresso cessano quel modo dell'illuminare e cominciano a partecipare al modo seguente, sono detti comuni. Sexto: le stelle che hanno maggiore arco, sia diurno sopra la terra, sia notturno sotto la terra, hanno maggior forza di quelle che hanno un arco minore, giacché le stelle che hanno arco maggiore producono una qualità più intensa in virtù del più prolungato modo di illuminazione. Per contro, quelle che hanno un arco uguale hanno forze uguali e da qui scaturisce l'efficacia dei paralleli (10). Septimo: che nelle eclissi i luminari desistono dal loro ufficio (quod luminaria ex deliquio cessent ab influxu) che viene sostenuto dalle stelle che hanno forza; e poiché dai luminari dipendono tutti i beni, segnatamente quanto concerne la sostanza (onde Sole e Luna sono prorogatori, significatori ovvero largitori di tutti i beni principali), ne consegue che nelle eclissi dei luminari derivano ingenti effetti riguardo a ciò che è essenziale e giovevole. Octavo: da qui scaturisce il fondamento reale e naturale dell'efficacia delle case e dei raggi delle stelle, sia l'una rispetto all'altra, sia rispetto al mondo, come pure della divisione dei segni e delle case e di molte altre cose, di cui si parla nei luoghi appropriati. Invero la loro efficacia consiste nell'influsso proporzionale del grado di qualità e gli astri producono gradi proporzionali delle qualità in virtù di distanze proporzionali che riposano sul moto e l'influsso, sicché ogni distanza proporzionale del moto e dell'influsso diviene efficace, come altrove viene dichiarato.
  Rimane ora da esaminare quali siano gli effetti delle singole rivoluzioni delle stelle ed io ritengo che ciò è precisamente l'argomento più difficile e che la sua negligenza sia causa dei più grandi errori in questa materia. Invero gli astri, secondo la loro natura assoluta, che è nota a noi dai colori loro, come è detto al cap. XIII, generano quattro qualità prime, come Saturno il freddo e il secco etc. In seguito ogni stella genera quattro qualità prime in virtù del suo percorso lungo lo zodiaco; tertio ogni stella genera quattro prime qualità in virtù del suo moto orario rispetto al mondo; quarto infine, ogni stella genera quattro prime qualità in virtù del suo moto rispetto al Sole. Queste rivoluzioni, essendo diversi modi dell'influsso, hanno necessariamente tra loro diversi effetti, sicché questi modi producono fra loro qualità di diversa natura.


NOTE

1. A causa della loro estrema lontananza, non possiamo affermare, sic et simpliciter, che le stelle agiscono nelle cose inferiori.

2. "Passiones luminis, quae a motu oriuntur, sunt accessus, recessus, prope esse, et procul, inceptio, continuitas, augmentatio, diminutio et defectus" (Coel.Phil. 12). Nel primo capitolo il Titi, dopo aver negato alcuna influenza occulta delle stelle, "in quanto impossibile e superflua", afferma che "instrumentalis causa siderum, qua materiam hanc sublunarem, et prima corpora, tum etiam mixta, exagitant, est lumen tantum". Le stelle producono le quattro qualità prime, caldo, freddo, umido e secco, solo mediante la loro luce e la loro luce è in eterno moto. Ora, le proprietà principali della luce degli astri sono l'intensità e la dilatazione. Se la maggiore o minore intensità della luce è universalmente ammessa, per dilatazione luminosa si deve intendere la diversa apparenza visuale dovuta alla diversità della distanza e alla continuità del moto. Il Titi, pertanto, si sofferma in particolare su quest'ultimo punto, in quanto alterativo e produttore di mutamento.

3. Nel cap. IV l'autore si chiede se la luce degli astri agisca nelle cose inferiori mediente la sua vera e reale intensità o mediante l'apparente, quale essa giunge all'occhio. Sphaera activitatis (agentis) è pertanto il modo di agire dell'agente non già secondo la sua essenza reale, ma secondo la sua maggiore o minore intensità qual è percepita al soggetto passibile. L'astrologo, dice Tolomeo (quadr. 1,2), deve conoscere "le qualità potenziali efficienti degli astri", non importa se ignora "quelle inerenti alla loro essenza medesima". Cfr. Aristotele, phys. 226a27 (riguardo alla seconda specie di moto, il moto qualitativo): "Dico qualità non quella che è nella sostanza...ma quella affettiva, secondo cui si dice che una cosa è affetta o non affetta". Non ci sembra inutile osservare che i fenomeni luminosi devono essere conseguentemente considerati secondo la parallasse, cfr. Coel.Phil. 19: "Astra non agunt secundum veram et realem extensionem, quam habent in se ipsis, sed secundum apparentem".

4. Nel cap. XII (Proprietatum luminis Astrorum effectus connaturales in specie), Titi afferma che dalla intensità della luce procede una qualità attiva, dalla dilatazione una qualità passiva e che ogni principio naturale della virtù attiva proviene dall'intensità della luce, della virtù passiva dalla sua dilatazione. Da qui la distinzione fra la luce del Sole e la luce della Luna, da qui la discussione sul moto delle passioni luminose degli astri, che avvengono mediante dilatazione della luce.

5. Secundi mobiles sono chiamati gli astri, i quali, contro al moto del primum mobile , da oriente ad occidente, hanno un secondo moto, da occidente ad oriente. Onde per Theoricae secundorum mobilium si intendono le esposizioni sul moto degli astri.

6. Cfr. Arist. Phys. 195a12 "Medesima è la causa dei contrari: ciò che per sua presenza è causa di un dato effetto, per la sua assenza lo consideriamo talora causa del contrario; ad es. l'assenza del nocchiere è causa di naufragio, la sua presenza è causa della salvezza della nave".

7. Cfr. la definizione aristotelica di queste qualità prime: "Il caldo e il freddo, l'umido e il secco si definiscono gli uni per l'azione che esercitano, gli altri per ciò che subiscono. E' infatti caldo ciò che riunisce le cose del medesimo genere; invero, la disgregazione attribuita al fuoco è in realtà l'associazione di sostanze della medesima specie, giacché il fuoco elimina le sostanze estranee. Il freddo, al contrario, è ciò che riunisce allo stesso modo e associa tra loro sostanze del medesimo genere e di genere diverso. L'umido è ciò che non ha limite proprio e riceve facilmente i limiti impostigli; il secco invece, avendo limiti naturali ben tracciati, accetta difficilmente altri limiti" (gen. corr. 329b25); cfr. meteor. 382b10.

8. Qualità elementari sono quelle che provengono dai corpi semplici: terra, acqua, aria, fuoco; miste quelle che provengono dagli astri "e queste io chiamo qualità celesti" (Coel. Phil. 35), quali sono, ad es, il calore vitale e l'umido radicale, prodotti dalla luce del Sole il primo, della Luna il secondo, dagli astri concorrenti entrambi (ibid. 41s).

9. Mensis synodicus (gg. 29 1/2), mensis peragrationis (gg. 27 1/4), mensis illuminationis (gg. 26 1/4); cfr. il commento di I.A. Magini al De diebus decretoriis dello Ps. Galeno, in De Astrologica ratione..., Venetiis 1607, fo. 16r.

10. L'uguaglianza di paralleli è familiarità volgarmente detta antiscia.


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